Sono un insegnante di scuola secondaria di secondo grado. A mio parere l’avvicendamento degli studenti in aula – il 50% fino al mercoledì, l’altro 50% dal giovedì al sabato – per il prossimo anno scolastico è ingestibile perché: 1) La metà degli alunni che segue le lezioni da casa online non può stare cinque o sei ore davanti a uno schermo e, di pomeriggio, utilizzarlo ancora per svolgere compiti, ripassare argomenti, ecc. o per ragioni personali, svago, social e altro: non solo per il rischio della “sindrome dell’occhio secco”, ma anche per motivi di salute diversi (mal di testa, nausee, disturbi visivi). 2) Contenere i ragazzi per cinque o sei ore, quasi fermi, senza permettere assembramenti e, dunque, non facendoli muovere neanche per la ricreazione, è inattuabile. Non è escluso, poi, che questo contesto non aumenti la dispersione scolastica. Oltretutto, insieme alla pausa-merenda, agli studenti deve essere consentito di andare alla toilette a rotazione, almeno due volte nella mattinata.
Le file che si creerebbero nei corridoi, a causa del distanziamento obbligatorio, sarebbero permanenti e difficilmente controllabili dal personale ausiliario. A ciò va aggiunto il problema dei distributori automatici di cibi e bevande, ove presenti, che genererebbero ulteriori code e altro tempo sottratto alle lezioni.
Forse sarebbe meglio un tipo di avvicendamento basato non sulla distinzione dei giorni, ma sulla suddivisione dell’orario giornaliero: con un intervallo di un paio d’ore tra due turni. Il primo potrebbe partire alle 10 (per evitare la congestione del traffico mattutino è meglio non iniziare alle 8:30) e finire alle 13. I
l secondo potrebbe cominciare alle 15 e terminare alle 17, o alle 18 (nei giorni in cui, in alcune scuole, sono contemplate le sei ore). In tal modo sarebbe salvaguardata la pausa-pranzo e gli alunni rimasti a casa svolgerebbero una didattica a distanza (dad) meno invasiva: non più di tre ore. Nella settimana successiva, per non penalizzare alcuna disciplina e i ragazzi stessi, gli studenti del primo turno “coprirebbero” il secondo, e viceversa. I problemi della pausa ricreativa, o meglio della pausa-merenda, e dei distributori di cibi e bevande – che, nell’ambito di una doverosa educazione all’alimentazione, potrebbero essere rimossi – cadrebbero. Resterebbe, alquanto ridimensionata, la questione dell’utilizzo della toilette: dove gli alunni, in due/tre ore, possono recarsi molto meno, o per niente. Le ore di lezione, dunque, sarebbero tutte di 60 minuti, pure quando sono sei. Con questo sistema, nessun docente avrebbe ore in più. La probabilità che qualche insegnante, nello stesso giorno, possa svolgere lezione sia di mattina, che di pomeriggio, sarebbe limitata a un paio di volte alla settimana; ad ogni modo sarebbe superabile: in parte con un orario concordato, considerando “in primis” le difficoltà dei docenti che risiedono lontano (un inconveniente potrebbe essere la rinuncia al giorno libero), e in parte tenendo presente la disponibilità, su base volontaria, di colleghi disposti a fare le ore in entrambi i turni, magari per essere più liberi nei rimanenti giorni.
I trasporti avrebbero comunque, innegabilmente, una funzionalità migliore: sia perché i ragazzi che si spostano sono sempre la metà, sia perché lo spazio di un paio d’ore tra i turni è sufficiente per uno scambio in sicurezza, con meno traffico, e per dare il tempo ai pullman, ai treni, ecc. di condurre gli studenti a casa e prendere quelli da accompagnare a scuola.
Se il “bonus cultura” di 500 euro che viene riconosciuto ai maggiorenni dell’ultimo anno delle superiori venisse assegnato anche, o anticipato, al primo anno, tutti gli allievi della scuola secondaria di secondo grado acquisterebbero (obbligatoriamente) un tablet o un pc – che sarebbe di loro proprietà, non più in comodato d’uso – da usare 5 anni, sia a casa, che a scuola, e non solo per la dad: bensì per studiare, compiere ricerche, elaborare progetti, sintesi, itinerari virtuali, ecc.
Qualora i genitori con figli fino alla 3ª media lavorassero entrambi, dovrebbero farlo a giorni alterni. Oppure solo di mattina, o di pomeriggio. O godere di permessi brevi. Le potenziali ore e/o giornate di assenza settimanali verrebbero retribuite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, così come (in alternativa) eventuali “baby sitter”. A meno che quelle ore e/o quei giorni non siano recuperabili, attraverso lo “smart working”. Con il sistema proposto dalla ministra Azzolina (la metà dei ragazzi a scuola fino a mercoledì, l’altra metà da giovedì a sabato), le problematiche familiari sarebbero analoghe.
Tornando ai trasporti, è opportuno che fin d’ora il Ministero dell’Istruzione, in accordo con le amministrazioni territoriali e con le scuole, contatti sia le aziende pubbliche e private di trasporti locali, sia le famiglie, per: 1) verificare se la quantità e la capacità dei mezzi è tale da garantire il numero di posti sufficienti per condurre a scuola in sicurezza tutti gli studenti che non possono utilizzare veicoli propri, specialmente i pendolari; 2) sapere quanti ragazzi possono muoversi autonomamente, a piedi, e quanti genitori riescono ad accompagnarli, o a dotarli di un mezzo di spostamento personale; 3) cominciare a predisporre gli eventuali contratti con le suddette aziende, da confermare e ratificare, se necessario, a fine agosto.
Le scuole serali, gli istituti privati e quelli paritari potrebbero applicare lo stesso schema, tranne nei casi in cui abbiano già un numero di iscritti ridotto e, di conseguenza, possano svolgere le lezioni senza dover fare alternare gli alunni.
Ovviamente, qualsiasi differente esigenza di qualsiasi istituto, in particolare nel primo ciclo di istruzione, sarà vagliata e affrontata caso per caso. L’ingresso degli studenti, per esempio, potrebbe essere autorizzato da un’ora prima dall’inizio delle lezioni. La fine, invece, sarebbe disciplinata dai docenti, distanziando le uscite degli alunni. Gli orari dei mezzi di trasporto verrebbero conformati a tali circostanze.
La frequenza di tutti i ragazzi al mattino, per cinque o sei ore, con classi di 10/12 studenti, come proposto da qualcuno, implica – a parte i problemi rappresentati ai punti 1 e 2, dispersione scolastica inclusa – il raddoppio delle aule, degli insegnanti, del personale ausiliario e dei mezzi di trasporto pubblico: organizzazione che, oltre i costi, richiede molto più tempo di quello a disposizione da adesso a settembre.
Le note dolenti delle rotazioni, infine, sono principalmente due: 1) Le lezioni svolte in aula e da seguire online, dalla metà degli alunni rimasti a casa, hanno naturalmente un “taglio” difforme, rispetto a quelle digitali; e gli insegnanti dovrebbero disporre perennemente di una webcam e di un microfono e, oltremodo, verificare sovente che gli allievi collegati non si assentino dalla loro postazione. 2) Ogni studente, in presenza, può socializzare solo con il 50% dei compagni. Per ora non esistono scappatoie perché le combinazioni, abbinate ai turni, sarebbero innumerevoli. Si potrà rimediare in futuro, se e quando le classi saranno composte “ab origine” dalla metà, o meno, degli alunni attuali.
Giovanni Panunzio
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