Le scuole sono luogo di contagio? Giusto riaprirle? O rappresentano un rischio per gli studenti? Se n’è parlato nel corso della trasmissione ‘Piazza Pulita’ su La7. Un dibattito che ha visto diverse scuole di pensiero. Abbiamo raggruppato quelle di Andrea Crisanti, microbiologo dell’università di Padova e Sara Gandini, epidemiologa biostatica dello IEO di Milano:
Crisanti: “Tenere aperte o chiuse le scuole si basa su nessun razionale e nessun dato certo. Le scuole non sono tutte uguali, scuole che differiscono per anni di costruzione, per numero di studenti, per pendolarismo. Ognuno di questi fattori ha un rischio associato. Se non si capisce l’impatto, non si può dire riapriamo tutte le scuole perchè tutte le scuole sono uguali. Il virus precedente non attaccava gli studenti, adesso ci troviamo di fronte a un virus molto più aggressivo per i giovani. La variante inglese colpisce i giovani in maniera diversa. Tutte le malattie respiratorie hanno un effetto moltiplicatore nella scuola perchè è difficile mantenere le distanze nei bambini. Vorrei capire cosa succede nel momento in cui si aprono le scuole. Ci vogliono dati specifici per ogni scuola. La Francia ha avuto oltre un milione di casi in più, ha una struttura sanitaria diversa, delle scuole con delle tipologie diverse. La scuola mette in moto un meccanismo pazzesco”.
Gandini: “Siamo un gruppo di scienziati (medici, biologi, statistici), abbiamo analizzato una serie di dati confrontati con la Protezione Civile, la percentuale del contagio nelle scuole è stata sotto l’1%. I giovani si contagiavano la metà rispetto agli adulti. Con la variante inglese non è cambiata la situazione. Il rischio nelle scuole è sempre inferiore a quello della popolazione generale. Abbiamo incluso i dati di tutte le regioni d’Italia e abbiamo visto che l’andamento è abbastanza omogeneo. Abbiamo preso l’Rt ma anche altri indicatori. Con la chiusura delle scuole nessuna modifica alla curva”.
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