Attualità

Riapertura scuole: servono dati contagi certi

Il problema della mancanza di dati epidemiologici scientifici, aggiornati e specifici sul contagio nelle scuole torna di estrema attualità. Emerge la necessità di un’indagine rigorosa che faccia luce su questo aspetto molto controverso.
Al momento, la situazione è così sintetizzabile: l’ISS (Istituto superore di sanità) ha curato un rapporto pubblicato a inizio gennaio che non dà alcuna certezza sui contagi nelle scuole; il Cts ha espresso la posizione che a scuola si può tornare in presenza perché il rischio è basso/accettabile, i vari Tar, che si sono pronunciati sui ricorsi contro le ordinanze regionali limitative della presenza a scuola, hanno sottolineato che ogni decisione deve essere ben motivata sulla base di dati attendibili e aggiornati, non generali, ma specifici per il territorio e in grado di mostrare l’incidenza in ambito scolastico rispetto all’andamento della pandemia. Un problema sostanziale e dirimente.

CGIL: se mancano dati certi, si approfondisce lo scontro tra Regioni e Governo


Per questo motivo il sindacato Cgil e la Flc-Cgil hanno scritto ai ministri Azzolina e Speranza per avere dati certificati riguardo la diffusione del contagio in ambito scolastico.
Nelle lettera del 21 gennaio scorso leggiamo: “Noi crediamo che la funzionalità delle scuole, in questa difficile situazione passi attraverso la disponibilità dei dati relativi ai contagi dei singoli istituti e dei singoli territori, che consentirebbe una gestione razionale, calibrata e trasparente dell’attività educativa su tutto il territorio nazionale”.

Chiedono “Che vengano messe in campo tutte le azioni necessarie per avere dati attendibili, eventualmente agendo anche su base campionaria. In più, è necessario verificare e fornire indicazioni sulle attuali disposizioni in tema di distanziamento personale che sono alla base dei protocolli di settore, alla luce delle varianti del virus che si stanno sviluppando. È forte il rischio che in  assenza di un impegno concreto e visibile su questi aspetti si amplieranno le divisioni tra Regioni e Governo, aumenteranno le conflittualità all’interno della comunità scolastica, si moltiplicheranno le contestazioni attorno a misure che appaiono opache e talvolta pericolosamente strumentali”. “Solo con informazione e consapevolezza – concludono – si eleva il livello della necessaria condivisione delle scelte che man mano vengono assunte, sia a livello centrale che a livello territoriale. Per quanto sopra esposto chiediamo un incontro urgente sui temi in oggetto”, concludono.

CTS, posizioni non univoche


All’interno del Cts, il cui coordinatore è Agostino Miozzo, le posizioni non sono mai state univoche. Le dichiarazioni di Miozzo sono sicuramente pro apertura, il rischio è basso, dice, non escluso, ma accettabile: “La scuola è un luogo sicuro, d’altra parte se la circolazione del virus è devastante non è la scuola che crea problema. Ma è anche vero che mobilita dieci milioni di persone. Dobbiamo trovare soluzioni urgenti al problema della movimentazione. Dobbiamo risolvere i problemi esterni, pre e dopo scuola, la movimentazione e il monitoraggio sanitario”. Proprio in considerazione dei problemi connessi alla riapertura immediata delle scuole dopo le festività, si era dimostrato più cauto il segretario del Cts, Fabio Ciciliano, “La cosa più importante – ha detto – non è tanto riaprire le scuole ma cercare di tenerle aperte”, facendo capire che bisogna soppesare bene tutti gli aspetti.

Le richieste inascoltate del microbiologo Andrea Crisanti


Il Rapporto dell’ISS (Istituto Superire di Sanità), del 4 gennaio 2021, costituisce al momento la principale fonte che abbiamo sull’andamento epidemiologico nazionale e regionale dei casi di Covid-19 in età scolare (3-18 anni) nel periodo compreso tra il 24 agosto e il 27 dicembre 2020. Nel Rapporto si citano varie ricerche fatte anche all’estero, ma tutte parziali. Dati che possano essere di riferimento sicuro per scelte decisionali non ce ne sono.

Sulla questione è intervenuto più volte Andrea Crisanti, rimarcando che “Non esistono dati scientifici sul ruolo delle scuole nella pandemia”, “Prima di decidere se riaprire o no le strutture, occorrerebbe avere dati scientifici sui quale basare le scelte”.
Ha indicato anche, da uomo di scienza, il metodo per fare una sperimentazione specifica “la cosa giusta da fare sarebbe prendere una zona gialla, una zona arancione e una zona rossa, aprire in un distretto scolastico le scuole per due, tre settimane e vedere cosa succede“. E solamente dopo, prendere decisioni.

Anna Maria Bellesia

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