Riaprono tutte le attività. Ma della scuola non si sa nulla ancora
Riaprono tutte le attività e nei diversi settori, ma quando e in che modo riaprirà la scuola, l’istituzione più importante del terzo settore, non si sa. Ipotesi, corollari, tesi sono all’ordine del giorno e il carrozzone mediatico, politico e sanitario ci offre un’eccessiva quantità, continua e non ordinata, di proposte, ma mancano, e a metà giugno, delle linee guida ministeriali chiare, scritte nero su bianco, su come fare ripartire il prossimo anno scolastico.
Oggi, con un’emergenza sanitaria che ha messo in ginocchio l’intero Paese, l’opinione pubblica si rende conto di quanto sia stato demolito il sistema di istruzione nazionale: tagli su tagli al personale docente, al personale ATA, precariato storico da mandare a casa “comodamente” a fine attività didattica, edifici scolastici fatiscenti, spazi e ambienti delle aule inadeguati, classi pollaio o pluriclassi. Per anni, le famiglie si sono concentrate sulle critiche distruttive al personale docente, considerandolo categoria privilegiata, in virtù dei 32+2 giorni di ferie e 18 o 24 ore settimanali.
E così, mentre gli insegnanti venivano sminuiti della loro professionalità, del delicato ruolo di educatori e formatori, perdendo autorevolezza, stima e dignità, la classe politica ha potuto smantellare la scuola, giorno dopo giorno, per anni. In tempi di covid-19, i docenti, specie quelli precari, hanno pagato di tasca propria device e connessioni, come se il loro lavoro si svolgesse su base volontaria.
Anche le aziende private hanno lavorato in smart working, ma fornendo tutti gli strumenti ai loro dipendenti. Gli insegnanti, in silenzio e prima dei DPCM, hanno fatto il possibile per raggiungere gli alunni, per offrire loro non solo lezioni, ma canali di vicinanza e affettività. Si sono stanziati 85 milioni di euro per la DAD per i discenti, ma ne servono molti, tanti di più per fare ripartire la scuola e in presenza.
Il Governo non investirebbe mai miliardi per dimezzare le classi, per renderle sicure dal punto di vista edilizio, per reclutare più personale scolastico. La risposta sta sì nel calo demografico sempre più massiccio, ma soprattutto nella visione della scuola come spesa e non come investimento. Oggi pagano una politica malsana ventennale non più solo ed esclusivamente i docenti, ma i nostri figli, che saranno i cittadini attivi di domani. È in pericolo il loro futuro e il futuro di questo Paese.
Perché meravigliarsi delle proposte di plexiglass tra i banchi, di guanti, mascherine, gel igienizzanti in ogni dove, locali da aerare più volte in un’ora, come se abitassimo tutti e perennemente a Les Seychelles, di cattedre, tablet, PC, LIM puliti dai docenti ogni cambio d’ora? È questo che si è votato negli anni ed è questa l’Italia voluta.
Sono aperte le discoteche e chiuse le biblioteche, aperti i centri estivi e chiuse le scuole. La spiegazione sta nella diversa responsabilità tra pubblico e privato, se si ammala un bimbo in pizzeria, ne rispondono i genitori, se si ammala in classe, ne risponde l’istituzione scolastica, ma anche e soprattutto perché le attività private portano soldi per fare ripartire la macchina economica, mentre a scuola, i soldi, si devono mettere, i risultati economici si vedranno a lungo termine e non nell’immediato.
Tra l’altro, in quanto a responsabilità, non mancano le contraddizioni nella stessa pubblica amministrazione: gli esami di maturità in presenza, le discussioni di laurea da remoto e non di certo perché gli studenti delle superiori di II grado siano immuni al contagio, ma perché il dicastero è scisso, Ministero dell’Istruzione da una parte, Università e Ricerca dall’altra, e diverse sono le decisioni.
È ora di ricostruire legami, di fare rete tra le diverse associazioni di genitori, di docenti e territoriali, è arrivato il momento di unire le forze per salvaguardare il presente e il futuro dei nostri bambini e dei nostri ragazzi.
La scuola è fiamma di convivenza civile, di comunità, di conoscenza, non possiamo permettere che si spenga.
Coordinamento Nazionale Scienze della Formazione Primaria Nuovo Ordinamento