Roberto Ricci, divenuto di recente presidente dell’Invalsi, al convegno dell’Associazione nazionale presidi, è tornato a parlare della dispersione scolastica e dei dati poco incoraggianti degli esiti delle prove Invalsi nelle scuole secondarie, affermando: “Ne abbiamo colpa tutti, anche l’Invalsi. Ogni volta che prendiamo sotto gamba la scuola, aggiungiamo un alunno tra quelli”, dice indicando i grafici sul monitor alle sue spalle, che mostrano gli obiettivi di apprendimento ben al di sotto degli standard delle Indicazioni nazionali e gli alti tassi di dispersione scolastica.
E come in passato, difende la didattica a distanza: “Compiamo un errore gravissimo se attribuiamo alla DaD la colpa di questi risultati. L’alternativa alla DaD sarebbe stata la chiusura, i nostri problemi risalgono a molto più lontano della pandemia”.
Ricordiamo che dalle ultime rilevazioni Invalsi gli alunni che terminano i traguardi al di sotto dei livelli minimi, stabiliti dalle indicazioni nazionali che sono legge nazionale dal 2012, passa in italiano dal 34% del 2019 (dati pre pandemia) al 39% del 2021, nella scuola secondaria di primo grado. Una percentuale che in matematica arriva al 45% nel 2021 (dal 39% del 2019).
Insuccessi che si concentrano tra gli allievi che fanno parte di un contesto socio-culturale svantaggiato.
Nel caso della scuola secondaria superiore, anche l’inglese mostra dei segni estremamente negativi. Il trend è stabile ma al ribasso. In altre parole, dopo 13 anni di scuola non si raggiunge il livello B2, stabilito dal legislatore.
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