Il recente studio dell’INAPP, l’Istituto nazionale per le politiche pubbliche, mette in relazione il titolo di studio conseguito e lo status educativo del nucleo familiare. Quello che emerge è che solo il 12% dei figli si laurea se i genitori sono poco istruiti. Ascensore sociale fermo dunque, infatti quando la famiglia ha il diploma il 48% dei giovani arriva al titolo terziario e un laureato, in Italia va ricordato, guadagna il 40% in più di un diplomato, la media Ocse è invece del 60%. Lo studio dice inoltre che se si hanno genitori laureati la probabilità di laurearsi sale al 75%.
Il campione preso in considerazione dalla ricerca era costituito da persone nate tra il 1977 e il 1986, coloro quindi, che secondo l’ultima indagine OCSE, del 2018, racconta che in Italia tra coloro che sono tra i 25 e i 64 anni, solo il 30% circa ha completato il livello di studi secondari, appena l’8% quello accademico e la maggioranza, il 62%, quello primario e inferiore, dato che pone l’Italia tra gli Stati meno istruiti.
L’indagine analizza le ragioni che si trovano dietro le scelte o le condizioni che mettono le famiglie nelle condizioni di non assicurare ai propri figli un futuro accademico. Tra queste il calo di reddito, sempre più famiglie sempre con una solo entrata, oltre ad aspetti culturali e non da ultimo, secondo l’indagine, il sistema scolastico, che secondo il presidente dell’INAPP, Sebastiano Fadda, deve essere ricalibrato, grazie a politiche pubbliche che possano garantire ai meritevoli le risorse necessarie per raggiugnere un livello di istruzione adeguato.
Oggi le famiglie, si desume dall’indagine, si sentono abbandonate dallo Stato, domina un clima di sfiducia, dove le storie di successo sono spesso individuali, per esempio basate sul successo e la notorietà sui social. La dispersione, che secondo INAPP è destinata ad aumentare a causa della pandemia, è del 13,5%.
La fotografia dell’INAPP mostra dunque 13 milioni di adulti con basso livello di istruzione, che in Europa rappresenta il 20%, 11 milioni di persone, tra i 15 e i 65 anni, con difficolta nella literacy, secondo le indagini PIAAC. A seguire, emerge come l’Italia sia in coda per la percentuale dei laureati, con una media del 19,6%, mentre in Europa la media è del 33%. Il dato diventa ancora più significativo se si considerano i laureati delle discipline Stem (Science, Technology, Engineering, Mathematics), ambito nel quale gli uomini sono circa il 40% e le donne meno del 20%.
Questi dati non hanno un mero valore statistico, ma preoccupano, secondo INAPP, anche le aziende, secondo le quali spesso i più giovani, proprio a fronte di questo gap, non conoscono le opportunità del territorio, per cui le famiglie, meno istruite, non investono nella formazione.
A questo si aggiungono i problemi creati e amplificati dalla pandemia, per cui la possibilità di accedere ad Internet e ai dispositivi, di essere in possesso di risorse digitali per la formazione, quello che è riconosciuto a livello globale come il digital divide, contribuisce ad un progressivo allontanamento dalle prospettive, e più di altri coinvolge i Neet (Neither in Employpment or in Education or in Training). Tra gli strumenti per collegare l’istruzione all’occupabilità ci potrebbe essere un adeguato orientamento per gli studenti della scuola secondaria di primo grado, che poi diventa alternanza e apprendistato alla secondaria di secondo grado.
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