Sulla crisi del sistema di istruzione è intervenuto Luca Ricolfi, docente di Analisi dei dati all’Università di Torino e presidente della Fondazione «David Hume». Intervistato dal Giornale, il professore ha rilasciato alcune dichiarazioni su scuola e lavoro.
In particolare, Ricolfi parla dei fallimenti dalla scuola pubblica: “La scuola democratica si è rivelata una macchina della disuguaglianza, perché l’abbassamento della qualità dell’istruzione ha danneggiato più i ceti popolari che quelli alti. I primi hanno un’unica arma a disposizione, la preparazione, i secondi ne hanno tantissime: reddito, patrimonio, capitale culturale, sistema delle conoscenze, ripetizioni… Se abbassi il livello di preparazione, togli ai ceti bassi l’unica arma con cui possono competere con quelli alti”.
E continua: “La scuola pubblica deve servire ad innalzare il livello di istruzione reale dei figli di tutti i ceti sociali. La realtà, invece, è che si è occupata di alzare il livello nominale di istruzione. Una licenza di terza media presa nel 1965 valeva di più di una licenza liceale odierna. E il livello di competenza linguistica di un laureato odierno è, in media, inferiore a quello di un diplomato del liceo alla fine degli anni ’60. È accaduto così che studiamo circa cinque anni di più che mezzo secolo fa, ma il livello medio di istruzione reale non è aumentato. E poi l’altra cosa che la scuola avrebbe dovuto fare è ridurre le diseguaglianze di fronte all’istruzione, aumentando la mobilità sociale”.
Il professore fa anche un riferimento alle forze politiche degli anni passati: “Tutte le forze politiche hanno avuto paura di perdere consensi presso le famiglie. C’è stato un momento in cui per la maggior parte delle famiglie è diventata più importante la serenità dei figli, che la loro istruzione. All’imperativo di dar loro una cultura, è subentrato quello di parcheggiarli a scuola e garantirgli il pezzo di carta. Quanto al corpo insegnante, ideologicamente molto sbilanciato a sinistra, è mancata la volontà di difendere il proprio ruolo e la propria funzione. O meglio, si è ripensato radicalmente il proprio ruolo, sempre meno culturale, e sempre più socio-assistenziale. Un trend perfettamente colto dalla stragrande maggioranza dei film e delle serie tv sulla scuola, che mostrano insegnanti-amici degli allievi anziché insegnanti-maestri di cultura”.