Tra qualche giorno, secondo il calendario regionale, in tutta Italia le scuole riapriranno i cancelli e migliaia di alunni torneranno a sedersi sui banchi, tutti riposati, tutti galvanizzati con tanta voglia di giocare, di divertirsi e diciamo anche di studiare, perché quando si chiede ad un alunno cosa fai, ti risponde candidamente; faccio sport, suono, gioco, frequento scuola di danza…e poi studio anche.
Si capisce chiaramente che il verbo studiare non fa più parte geneticamente dell’essere alunno, ma costituisce una parte suppletiva della sua giornata. In questi giorni di ripresa del lavoro dei docenti è tornato puntualmente in auge il problema dei compiti a casa e, a quanto pare, ci si sta allineando verso la loro completa abolizione perché ritenuti noiosi, superflui.
I compiti potrebbero essere svolti a scuola e gli alunni stare nelle aule fino al pomeriggio, mentre i docenti, al termine delle loro ore di lezione, non avrebbero la possibilità di staccare in quanto devono pensare a correggere i compiti assegnati, preparare le lezioni per il giorno successivo, compilare una marea di carte, predisporre piani progettuali e, dulcis in fundo, partecipare ai corsi di formazione. Quindi la giornata di un docente di quante ore deve essere? Può avere il tempo di dedicarsi agli affetti familiari o deve essere una macchina in continuo rodaggio e pensare solo ed esclusivamente alla scuola? E ai genitori quale spazio viene loro riservato?
Abbiamo assistito ad un dibattito accesso sui compiti a scuola, ma ora crediamo che l’idea di abolirli stia prepotentemente prendendo piede. Tuttavia i docenti costretti a restare a scuola altro tempo non godranno certo di una ricaduta economica, in quanto – come ha spiegato il costituzionalista Michele Ainis – è urgente ridare dignità al lavoro dell’insegnante dando più soldi, aumentando il loro magro stipendio, uno stipendio da fame che produce solo frustrazione, disaffezione, disamore, quando, invece, un tempo l’insegnante aveva un ruolo sociale ben definito ed era veramente considerato dalla società. Ora la gente pensa: cosa fai? Il docente. Ah sì. E hai tre mesi di vacanza, guadagni troppo etc etc.
E li conosciamo questi luoghi comuni… Ormai la scuola è diventata un progettificio, una macchina che fabbrica progetti di qualunque tipologia per fare business ed è ben lontana l’idea di tenere conto delle reali esigenze degli alunni, delle loro abilità di base. Tutt’altro si pensa che a potenziare le abilità di base. E ricomincia la scuola con gli alunni sempre pimpanti, galvanizzati, per nulla stressati, anzi ora hanno tra le mani lo spinner, la nevrotica rotellina antistress che fa urtare il sistema nervoso mentre il docente sta spiegando o interrogando o durante la ricreazione che sui banchi si vedono bottigliette di acqua, riempite a metà, roteare per poi ricadere diritte.
Cosa si inventeranno ora? Sicuramente qualche altra “novità” adatta solo a creare disturbo pur di non fare lezione, perché per loro la lezione è l’ultimo dei pensieri. E il docente che si deve scervellare a trovare le strategie giuste per creare un clima favorevole in classe, mentre il suo stato psico-fisico, sottoposto a continuo stress, si logora sempre più. Povera scuola, quant’erano belli i tempi di una volta, ora morti per sempre, perché del tuo glorioso passato non sono rimaste neppure le ceneri.