Dopo anni di politiche mirate a screditare il lavoro degli insegnanti e a smantellare il sistema nazionale della scuola pubblica, si sente adesso l’esigenza di restituire dignità professionale alla categoria dei docenti. Purtroppo ancora oggi si continua ad etichettare il corpo docente della scuola pubblica, come una categoria eccessivamente sindacalizzata e corporativa.
Infatti è proprio di oggi la notizia delle dichiarazioni del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che ha lanciato accuse gravi contro la casta sindacale della scuola, rea, secondo il responsabile del Miur, di salvaguardare il minimo salariale garantito per tutti gli insegnanti e non valorizzare invece chi lavora meglio. Sembra che il ministro Giannini in questi anni sia vissuto su Marte, e non si sia accorta dei numerosi scioperi che alcuni sindacati hanno fatto contro i problemi dei tagli della scuola pubblica e contro la preoccupante perdita d’acquisto salariale degli stipendi dei professori. I sindacati chiedono unitariamente e convintamente un rinnovo contrattuale sia sulla parte giuridica che su quella economica, che restituisca dignità professionale all’intera categoria.
Si chiedono risorse economiche aggiuntive per garantire una giusta retribuzione economica, per il tanto lavoro che i docenti svolgono ogni anno scolastico. Sul sito del partito democratico è stato pubblicato da una deputata del Pd, docente in aspettativa, un comunicato stampa che dà una speranza al riconoscimento del lavoro degli insegnanti. La deputata che ha scritto questo comunicato è l’On. Simona Flavia Malpezzi.
Il deputato dem scrive: “Quando si parla di contratti di lavoro degli insegnanti, dobbiamo avere presente che gli stipendi dei docenti italiani sono fra i più bassi d’Europa (in Germania un insegnante arriva a guadagnare il 65% in più, in Spagna e Francia il 23-27% in più) e che i luoghi di lavoro, i nostri edifici scolastici, sono spesso fuori norma e inadeguati. Sappiamo bene – e lo dico da insegnante – che il contratto è fermo al 2007, che la categoria non viene mai premiata e non ha una differenziazione di carriera, e sappiamo anche che è necessario trovare il modo di riconoscere il grande lavoro dei docenti, l’innovazione didattica, le tante ore che un insegnante dedica alla scuola dopo le ore di lezione frontale. Dobbiamo farlo insieme, governo, parlamento e mondo della scuola. Oggi le condizioni per un nuovo dialogo ci sono. Dal Berlusconi che etichettava gli insegnanti come fannulloni e inculcatori di pericolose ideologie, al premier Renzi che, invece, pone la scuola al primo posto, di strada ne è stata fatta tanta. Possiamo, quindi, cominciare a parlare di premialità e di merito, a patto che contestualmente si parli di risorse e di adeguamento degli stipendi”.
Attendiamo ora di capire se, dopo le parole, arriveranno i fatti e se il Ministro dell’Istruzione avrà la sensibilità di confrontarsi con i sindacati per parlare dei problemi reali degli insegnanti, evitando di colpevolizzare un’intera categoria additandola come corporativa e sindacalizzata.