Tutti quegli atteggiamenti prevaricatori messi in atto dai più prepotenti nei confronti dei loro compagni più deboli, gli stessi che una volta venivano etichettati come gesti di maleducazione o di delinquenza, oggi vengono contenuti da un’unica parola che forse rischia anche di essere abusata: bullismo.
Di bullismo si parla ormai con una certa frequenza, riportando episodi nazionali ed esteri, facendo viaggiare volti sfigurati di vittime dei bulli da un sito web all’altro e inviandoli anche tramite la posta elettronica. I giornali riportano episodi accaduti nei cortili e nei corridoi delle scuole, nei grossi centri urbani così come nei piccoli comuni rurali. Dall’informazione, sacra e legittima, si rischia di passare così ad una sorta di sensazionalismo che può anche invitare i più vulnerabili a gesti emulativi, favorendo così il perpetuarsi del fenomeno.
Tutto questo, quando non deleterio, è pressoché inutile, lo è per lo meno ai fini della risoluzione del problema, o di un tentativo di soluzione.
Cosa fare dunque laddove il problema esiste?
Alcuni suggerimenti sulle strategie da mettere in atto per ridurre i comportamenti violenti da un lato e quelli passivi dall’altro, dei bulli e delle loro vittime, sono quelli suggeriti da Ersilia Menesini, docente di psicologia dello sviluppo presso l’Università degli Studi di Firenze e una delle massime autorità a livello nazionale nello studio dei fenomeni di bullismo. “Gli episodi di bullismo che spesso vengono esasperati – afferma la Menesini – non solo vanno studiati, controllati e governati, ma devono essere prevenuti in un’ottica di promozione del benessere e della qualità della vita delle nuove generazioni. Tutte le forme di bullismo, fisica, verbale e indiretta – ha spiegato la psicologa – sono manifestazioni di disagio che possono essere affrontate e risolte insegnando ai bambini e ragazzi le abilità necessarie per riconoscere, accettare e comunicare le proprie e altrui emozioni. L’acquisizione di competenze sociali e di strumenti di comunicazione adeguati, verbali e non, può ridurre l’aggressività e la passività, comportamenti presenti nel fenomeno in modo complementare e intrecciato”.
Aiutare i ragazzi a modificare i loro comportamenti aggressivi può prevenire il rischio di sviluppare in seguito comportamenti antisociali o comunque problematici come l’abuso di sostanze, alcool e droghe. Dall’altra parte, le statistiche rivelano che le vittime di prepotenze hanno più probabilità di soffrire in futuro di episodi depressivi che possono anche portare a lesioni gravi e, addirittura, al suicidio.