Lavoriamo a scuola: dovremmo perciò essere abituati a ricordare e studiare – e l’una cosa non si dà senza l’altra. Quel che abbiamo imparato (e che quindi ricordiamo) ci deve guidare a fare, ad agire in una situazione data. Una volta tanto diamo ragione alla pedagogia di Stato: costruiamo una modesta “unità di apprendimento” ad uso dei lavoratori della scuola. I passaggi essenziali sono riportati qui di seguito.
È il 12 dicembre del 2011 ed il “governo tecnico” guidato da Mario Monti è in piena attività. Due i motivi dominanti del momento: l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e la riforma del sistema pensionistico. La citazione che segue viene dal sito di Repubblica: “Il governo sta per chiudere il cerchio sulle modifiche alla manovra che riguardano il pacchetto pensioni. A riferirlo il ministro del welfare, Elsa Fornero, parlando con Radio24. “Spero che tutti siano contenti” (eccome! n.d.r) […]”Stiamo lavorando e abbiamo quasi finito – ha detto Fornero – anche perchè bisogna finire ad un certo punto. Sui risultati non dico niente” ma, ha concluso, “se non discutessimo non ci sarebbero spiragli, il fatto che discutiamo vuol dire che ci sono spiragli”.[1]
Sappiamo cos’è successo subito dopo: l’approvazione di una riforma pensionistica che, proclamato da chi l’aveva fatta con faccia tosta sconfinata, “salvava l’Italia”. In realtà allungava la vita lavorativa di sette anni, creava centinaia di migliaia di esodati destinati a rimanere per lunghi periodi senza pensione e senza stipendio e, di converso, bloccava in molti settori il fisiologico turn-over, contribuendo così a far crescere la disoccupazione giovanile.
Quali furono, allora le proteste che i maggiori sindacati seppero mettere in campo? Ce lo dice la CGIL che riporta, sul suo sito, la richiesta proveniente da più parti: “Dove eravate mentre approvavano la Fornero, mentre toglievano l’articolo 18? Dove eravate mentre smantellavano i diritti dei lavoratori?”. La risposta la troviamo in una scheda intitolata “Ecco dove eravamo” [2], da cui si evince che la catastrofica riforma Fornero ebbe come protesta ben 4 (quattro) ore di sciopero generale unitario proprio il 12 dicembre 2011.
Vediamo che, anche qui, la faccia tosta non manca. Parlo a nome di un sindacato di base e devo riconoscere che le nostre forze non furono affatto sufficienti a smuovere un’opinione pubblica che sembrava stordita, in parte per l’uscita di scena di Silvio Berlusconi, in parte per l’aggressività del governo Monti. Perciò l’orrenda e raffazonata riforma Fornero non ebbe adeguata risposta: poi fu la volta dell’articolo 18, del Jobs Act, dell’accordo sulla rappresentanza sindacale, della “Buona Scuola” e di tutti quei provvedimenti legislativi che, passo dopo passo, ci stanno portando verso una “democrazia autoritaria”.
C’è molto da fare, in questo campo. Chi lavora a scuola deve studiare, non deve smettere di farlo e non si deve limitare alla materia che insegna. L’argomento di cui stiamo parlando – che si può riassumere nella formula “crescita della diseguaglianza” – merita un approfondimento e non manca certo una vasta ed attendibile produzione saggistica che consenta a ciascuno di farlo. Un esempio, preso tra i tanti.
Parla Luciano Gallino: “…nell’Unione europea, non meno che negli Usa, la politica, anche delle formazioni e dei governi di centro-sinistra, è dominata dall’isteria del deficit. Di conseguenza, invece di guardare al calo delle entrate derivante dalla crisi, e alle uscite inerenti al sostegno a colpi di migliaia di miliardi dato al sistema finanziario, si è presa di mira soprattutto la spesa sociale”.
Vale a dire meno soldi per assistenza, sanità, scuola, stipendi dei pubblici dipendenti (ormai metamorfizzati in “fannulloni”) e meno soldi per le pensioni. Nel frattempo, i ricchi del pianeta divengono sempre più ricchi.
In questo momento è la Francia che protesta contro una riforma pensionistica vaga ma minacciosa. I lavoratori francesi hanno capito qualcosa che noi lavoratori italiani non abbiano ancora messo a fuoco: è inutile aspettare che la minaccia prenda contorni precisi, bisogna ostacolarla sul nascere. Questi decenni di remissività dei lavoratori a fronte di un’aggressività crescente di chi comanda hanno avuto due risultati di rilievo: far perdere reddito e diritti ai lavoratori dipendenti e cedere il consenso di una parte consistente dei ceti popolari ad una destra retriva ma, apparentemente, schierata dalla parte dei più deboli. In questo contesto il degrado della scuola pubblica, le cui molteplici cause non stiamo qui ad esaminare, ha impedito un sufficiente contrasto all’ignoranza e non ha garantito alle generazioni più giovani gli strumenti per una interpretazione critica del mondo in cui viviamo. Trionfano i luoghi comuni, a “destra” come “a sinistra”. Una cosa è certa: così non si andrà verso un momdo migliore. Facciamo tesoro della lezione che ci offrono i cittadini francesi: bisogna muoversi insieme, muoversi per interessi comuni, non aspettare che la controparte disegni con precisione i particolari della propria manovra antidemocratica e reazionaria. Abbiamo già avuto sufficienti esempi, nell’ultimo quarto di secolo, di come la “classe capitalistica transnazionale” sappia muoversi con determinazione per difendere i propri interessi.
Quando i particolari saranno definiti, allora troppi diranno che non c’è più nulla da fare. Ed è certo che se i lavoratori della scuola non rialzeranno presto la testa le cose non potranno che peggiorare: ci aspettano un rinnovo di contratto avvilente, un concorso che non scalfirà il problema annoso del precariato, un lavoro sempre più gerarchizzato, burocratizzato e, quel che forse è peggio, svilito dal punto di vista culturale. Nemmeno la dittatura più feroce si tiene in piedi senza consenso: è ora di negare il nostro appoggio a tutti coloro che ci hanno portato sino a questo punto. Prendiamo esempio da ciò che sta accadendo in Francia: opponiamoci, diciamo di no a chi racconta frottole e vuole sottrarre a noi e ai nostri figli la prospettiva di una vita dignitosa.
[1]https://www.repubblica.it/politica/2011/12/12/dirette/manovra_12_dicembre-26462797/
[2]http://files.rassegna.it/userdata/sites/rassegnait/images/foto/_ori/2019/01/iniziativecgil-governi_9742.jpg )
Giovanna Lo Presti
CUB Scuola Università Ricerca
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