Scadrà a metà settembre il termine entro il quale le Regioni avranno la possibilità di presentare ricorso alla Corte Costituzionale per impugnare la legge 107 sulla riforma della scuola.
Alcuni consigli regionali, come per esempio quello pugliese, hanno già approvato mozioni od ordini del giorno che impegnano gli organi di governo della regione ad attivarsi per predisporre e depositare il ricorso.
Altre regioni decideranno il da farsi nei prossimi giorni, quando riprenderà l’attività amministrativa e politica dopo la pausa di Ferragosto.
Ma, nel concreto, quante possibilità avranno i ricorsi di essere esaminati ed accolti dalla Consulta?
Difficile dirlo ora, certo è che per rispondere alla domanda è bene andarsi a leggere con attenzione il testo del 2° comma dell’articolo 127 della Costituzione, quello che regola proprio l’istituto in questione: “La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un’altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto avente valore di legge”.
La norma sembra molto chiara e stabilisce che le Regioni possano ricorrere solo contro l'”invasione” di proprie competenze da parte dello Stato.
Per quanto si è letto finora, però, i ricorsi potrebbero riguardare materie che nulla hanno a che vedere con un eventuale conflitto di competenze fra Stato e Regione.
Per esempio, l’eventuale ricorso della Regione Puglia riguarderebbe anche il ruolo del dirigente scolastico nella chiamata dei docenti dagli albi territoriali.
Per la verità per il momento stiamo parlando soltanto di proposte di ricorso approvate, o in corso di approvazione, da parte dei consigli regionali. La decisione finale, però, spetterà agli organi di governo della regione stessa che, prima di depositare il ricorso, dovranno far vagliare la proposta anche dai propri uffici legislativi.
La partita, insomma, è solo all’inizio.
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