I lettori ci scrivono

Ricorsi, la fabbrica delle illusioni

Da diversi anni, dieci forse,  da quando sulla scena sindacale scolastica, sono comparsi alcuni sindacati minori o pseudo associazioni culturali assistenziali et alia, nomi oramai arcinoti, sono cominciati a fiorire i ricorsi amministrativi di natura scolastica, per i più svariati motivi e il fenomeno non si è ancora esaurito e tuttora vengono proposti  ricorsi contro ogni, pressoché, atto amministrativo dell’Amministrazione centrale del Ministero della ex Pubblica istruzione che adesso è diventato Ministero Istruzione.

Si è scoperto un bel filone d’oro, d’oro per gli avvocati certamente, ma non per i ricorrenti siano essi docenti precari, personale ATA precario e non, e in primo luogo, mi sembra poter dire senza tema di smentite, per gli I.T.P.

E’ stato ed è una specie di specchietto per le allodole, dove le allodole sono le persone bisognose cioè docenti precari che pur di avere un barlume di speranza , si attaccano a qualsiasi proposta venga fatta loro.

Oddio, il costo del ricorso collettivo è modesto, alla portata delle tasche anche di un precario, ma moltiplicato per migliaia di ricorrenti, il guadagno per gli avvocati  e le segreterie di questi sindacatini e associazioncine vari, tutti o quasi ubicati nel meridione, in Sicilia in prevalenza, ma dal Lazio in giù  pure, il guadagno, dicevo, diventa un bell’affare e soprattutto per gli avvocati.

Qualcuno di questi è diventato pure una grossa entità a livello nazionale che si muove anche bene, oltre che a fare ricorsi e diciamo che l’ingegnosità non è mancata , specialmente a noi popolo meridionale, e si sono aperti anche punti di lavoro. Vuol dire niente?

Ma torniamo a uno dei tanti aspetti della galassia: gli ITP. La colpa non è di questi docenti, ma del fatto che sono numerosissimi e si farebbe di tutto per un posto di lavoro.

E così nascono centinaia e centinaia di ricorrenti ITP che vogliono entrare nelle GAE, che vogliono partecipare al concorso straordinario, che vogliono iscriversi  in IIa fascia, in Ia fascia e la motivazione è sempre la stessa: il possesso del titolo di studio di diploma tecnico professionale di scuola secondaria di secondo grado, che, forse, un tempo, ma io ancora non so quale, deve essere stato considerato abilitante e poi, improvvisamente, decaduto di importanza e divenuto non più abilitante e quindi non idoneo a nessuna delle possibilità prima espresse.

Quindi gli avvocati di cui sopra, aprono la miniera d’oro e cominciano a proporre tutti i ricossi possibili ed anche impossibili. Il primo step è il TAR Lazio che , bontà sua, in prima istanza comincia a concedere cautelari varie e altro e lascia passare quanti più non poteva, senonché non si fa i conti con l’oste, anzi con due osti: il Ministero che impugna tutto al Consiglio di Stato e il C.d.S. che respinge tutto, ma tutto tutto e i poveri ricorrenti restano con un pugno di mosche in mano, alcuni dei quali aspettano pure un qualche cenno di riscontro da chi li ha invogliati a intraprendere il ricorso, ma costoro non fanno nemmeno questo atto di sensibilità clientelare e se uno vuol sapere come è finita la sua questione, dopo anni di attesa , fa da solo e consulta il sito Giustizia Amministrativa e vi trova non solo il suo nome ma anche quelli di migliaia di altri ricorrenti.

MA LA QUESTIONE NON E’ FINITA QUI.

Vi è un risvolto, in molti casi anche favorevole, in ciò che sto dicendo, a favore momentaneamente di alcuni, direi meglio di molti ricorrenti e cioè che nell’intervallo fra la cautelare, l’Ordinanza o la decisione monocratica dei Giudici del Tar o altro nel gergo giuridico amministrativo giudiziario e l’impugnativa al C.d.S.  da parte del MI e la conseguente decisione finale di quest’ultimo Organismo giudiziario, passano financo due e passa anni e la questione o il lasso di tempo diventa elemento a favore dei ricorrenti che possono far valere la risposta del TAR di prima istanza utile alle future graduatorie che nel frattempo il MI mette in atto nella sua normale attività amministrativa, per cui quei ricorrenti in attesa di giudizio definitivo, sfruttano la prima risposta del TAR e si iscrivono in Ia fascia o nelle Gae o altro cui possono partecipare. E così facendo ottengono di precedere in maniera notevole gli altri candidati che non hanno fatto ricorso nelle graduatorie e ottengono il posto di lavoro e magari fanno due o tre anni di servizio, con danno per gli  altri. E la questione non finisce qui.

Giovanni Cappuccio

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