Ricorso contro il blocco degli stipendi

E il comunicato continua dicendo: “La proroga fino al 31 dicembre 2014 del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali, decisa in esame definitivo dal Consiglio dei Ministri, di oltre tre milioni di dipendenti pubblici rappresenta una grave e inattesa decisione del Governo: invece di discutere e approvare il Decreto D’Alia, contenente alcuni importanti segnali di rilancio del sistema scolastico italiano, l’Esecutivo fa uscire dal “cilindro” un regolamento incostituzionale che, in particolare per il personale della scuola (nel 99% dei casi senza possibilità di attuare alcuna forma di “carriera” professionale), prevede non solo il blocco di ogni forma di adeguamento retributivo al costo della vita e degli scatti stipendiali (già a partire dal 2011), ma addirittura riduce ulteriormente le già esigue risorse destinate al trattamento accessorio (il cosiddetto Fondo d’istituto) di docenti e Ata”.
Anief ricorda inoltre che qualsiasi atto che dovesse introdurre un blocco degli stipendi pubblici rimane sempre in contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale 223/2012, la quale ha dato ragione a quei magistrati che avevano rivendicato il diritto allo stipendio equo. Ora, poiché è stato appurato che l’irrecuperabilità stipendiale è lesiva degli articoli 1, 36 e 39 della Costituzione, tale principio può essere sicuramente allargato a tutte le professionalità che operano nel comparto pubblico. E sempre per la sempre secondo la Corte Costituzionale non è neanche lecito giustificare il blocco stipendiale con l’attuale situazione di particolare crisi finanziaria nazionale”. Come, invece, vorrebbe far credere Palazzo Chigi sostenendo che sussistono “condizioni di eccezionalità tali da giustificare la proroga al 31 dicembre del 2014 di una serie di misure in materia di pubblico impiego, comunque con un orizzonte temporale limitato, come richiesto nei pareri delle Commissioni parlamentari che hanno espresso parere favorevole sul provvedimento”.
“A parte il fatto che il parere delle Commissioni parlamentari non è stato così favorevole come vuole far credere il Consiglio dei Ministri, questo Governo continua l’opera di accanimento verso i dipendenti del pubblico impiego. Dopo aver cancellato 400mila posti negli ultimi quattro anni, si decide ora di lasciare più di tre milioni di persone ferme ad uno stipendio medio sempre più vicino alla soglia di povertà”.

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