Interessante sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila (n.116/2023) in tema di riconoscimento dei servizi ai fini della ricostruzione di carriera.
Ai sensi dell’art. 11, comma 14 della legge n.124/1999, “il servizio di insegnamento non di ruolo (…) è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale”.
Dunque, affinché un servizio possa essere considerato come “anno scolastico intero”, deve aver avuto la durata di almeno 180 giorni.
L’eccezione alla regola è rappresentata dalla circostanza di aver reso un servizio ininterrotto “dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale”.
Se per quanto riguarda il requisito “minimo” di 180 giorni, esso può essere raggiunto anche sommando diversi servizi (magari intervallati da periodi in cui non si è lavorato), nel caso di servizio dal 1° febbraio con scrutini finali è indispensabile che il servizio sia “ininterrotto”.
La Ragioneria territoriale – tenuta a controllare tutti i provvedimenti di ricostruzione carriera – adotta spesso dei criteri interpretativi particolarmente restrittivi, ritenendo che per servizio “ininterrotto” s’intenda esclusivamente il servizio prestato in forza di un unico contratto.
Accade però spesso che il docente titolare faccia seguire ad un primo periodo di assenza ulteriori certificazioni e la supplenza venga più volte prorogata.
Secondo l’interpretazione della Ragioneria, in questo caso il supplente non avrebbe diritto al riconoscimento dell’anno di servizio; viceversa, se lo stesso servizio fosse prestato con un unico contratto, scatterebbe il riconoscimento.
La questione-a dire il vero- è stata oggetto di poche pronunce giudiziali, le quali però non hanno suffragato l’interpretazione dell’Amministrazione (e della Ragioneria).
Si segnalano in proposito, le sentenze del Tribunale di Grosseto (n. 949/2020) del Tribunale di Cassino e di quello di Sulmona.
Proprio in relazione all’appello proposto dal Ministero contro la sentenza n.162/2021 del Tribunale di Sulmona, la Corte d’Appello di L’Aquila ha avuto modo di intervenire sulla questione.
Si trattava di una docente alla quale non era stato riconosciuto l’anno di servizio, perché alcuni servizi erano inquadrati nella categoria della “supplenza breve e saltuaria” e altri in quella della supplenza per “sostituzione di personale in maternità”.
Inoltre, tali servizi erano stati prestati in due istituti diversi.
Il Tribunale di Sulmona aveva accolto il ricorso della docente, osservando che non si era verificata alcuna interruzione di continuità- neppure durante i periodi di sospensione delle attività didattiche- e ritenendo che “non costituisce circostanza ostativa al riconoscimento come anno scolastico intero il fatto che la docente abbia stipulato più contratti di lavoro anziché un unico contratto; né assumono rilevanza le diverse ragioni poste a giustificazione dell’assenza del docente titolare (supplenza breve e saltuaria; sostituzione del personale in maternità)”.
Il Ministero ha appellato la sentenza, sostenendo che occorreva far riferimento a quanto previsto dall’art. 527 del Testo Unico della Scuola (“retribuzione supplenze annuali”) che prevede il diritto al pagamento delle ferie estive ai supplenti annuali che abbiano prestato servizio “dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale”, ritenendo che il riconoscimento dell’anno di serviziospettasse pertanto ai soli “supplenti annuali”.
Tale argomentazione è stata ritenuta infondata dalla Corte, che ha osservato come la materia sia regolata non dalle norme sulla retribuzione, ma da quelle sulla ricostruzione di carriera (articoli 485 e seguenti del Testo Unico della Scuola).
Ugualmente infondata è stata ritenuta la tesi secondo cui riconoscere l’anno di servizio per un numero così limitato di giorni avrebbe rappresentato una “discriminazione alla rovescia”.
A questo proposito, la Corte ha ricordato che la norma si applica a tutti i dipendenti [da oltre vent’anni- N.d.R] e non si comprendono le ragioni per cui solo nel caso della ricorrente non dovrebbe trovare applicazione.
La Corte ha dunque ritenuto che ai fini del riconoscimento dell’anno di servizio “ciò che rileva è esclusivamente l’oggettivo e continuativo servizio reso dalla docente senza soluzione di continuità e con la partecipazione altresì agli scrutini finali”.
“D’altra parte sarebbe illogico trattare differentemente l’ipotesi in cui il servizio è reso sulla medesima cattedra o sul medesimo posto, in forza di un unico contratto a termine rispetto a quelle – non meno frequenti – in forza di più contratti a termine, quando il docente titolare si assenta per un primo limitato periodo di congedo, per poi prorogarlo, producendo ulteriori certificazioni”.
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