La domanda di ricostruzione di carriera deve essere redatta su carta semplice e presentata alla scuola di servizio dal personale scolastico assunto a tempo indeterminato dopo aver superato il periodo di prova. Serve a vedersi riconosciuti gli anni di servizio pre-ruolo unitamente al servizio militare di leva, per chi l’ha svolto.
Il periodo di presentazione della domanda è stato recentemente introdotto dal comma 209 art. 1 della legge 107/2015, e va dal 1° settembre al 31° dicembre di ogni anno scolastico. Entro il successivo 28 febbraio,il Miur comunica al Mef le risultanze dei dati relativi alle istanze per il riconoscimento dei servizi agli effetti della carriera del personale scolastico. Il diritto alla ricostruzione di carriera si prescrive dopo 10 anni dal primo giorno utile per poter presentare l’istanza: 1° settembre dell’anno scolastico successivo al superamento dell’anno scolastico di prova per i docenti, e per gli ata primo giorno utile dopo il superamento del periodo di prova.
Ma cosa accade o “non accade” a livello d’istituzione scolastica? Il personale di segreteria della scuola che riceve la domanda deve inserirla in un sistema informatico che alla fine del procedimento genera un “decreto di ricostruzione di carriera” da inviare per i successivi controlli di rito alla ragioneria provinciale dello stato. Questa procedura amministrativa, secondo la normativa vigente, deve concludersi entro e non oltre il termine di 30 giorni da quando il personale interessato presenta la domanda al protocollo dell’istituzione scolastica.
Così come prescrive la circolare della presidenza del consiglio dei ministri emanata il 4 luglio 2010 che attua l’art.7 della legge 69/2009. Ma purtroppo, stante la stringente norma che potrebbe far passare guai seri ai dirigenti scolastici, nella maggior parte delle scuole del regno tutto questo puntualmente non avviene, probabilmente per il numero ridotto all’osso del personale amministrativo, falcidiato dai tagli imposti dalle ultime riforme.
Pare che in molte scuole, il personale di segreteria ed a volte anche il dirigente scolastico, inviti i docenti o gli ata interessati alla ricostruzione di carriera a temporeggiare nel presentare l’istanza al protocollo, proprio perché la scuola in determinati periodo dell’anno scolastico non è in grado di rispettare la tempistica suddetta. In altri casi invece, sembrerebbe che venga addirittura imposto, con l’esclamazione: “il preside ha detto che si può protocollare solo quello che dice lui, quando dice lui e dopo che ha letto di cosa si tratta”. E’ dunque doveroso ricordare che il protocollo delle istanze è un atto dovuto per legge per la pubblica amministrazione, ed il lavoratore o comunque qualsiasi altro cittadino ha diritto ad avere nell’immediato il numero del protocollo.
In caso di rifiuto di protocollo delle istanze, si configurerebbe come reato penale e si può richiedere l’intervento delle forze dell’ordine seduta stante. La scuola pubblica, fino ad oggi, fortunatamente è ancora una pubblica amministrazione e non un’azienda privata, e chi vuol giocare a fare l’imprenditore o il titolare d’azienda può accomodarsi nel settore privato e soprattutto con i suoi soldi, sempre se ne abbia.
Corre d’uopo altresì tenere ben presente che la pubblica amministrazione in caso di ritardo o rifiuto è tenuta al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza colposa o dolosa del termine di conclusione del procedimento e il dirigente dell’ufficio potrà essere valutato negativamente ai fini delle doti dirigenziali.
Non solo, la condotta negatoria o ritardata, potrebbe anche andare a finire sulla scrivania di un pubblico ministero per violazione dell’art. 328 c.p. omissione o rifiuto d’atti d’ufficio.