Buone notizie per chi non ha mai presentato domanda di ricostruzione di carriera: secondo la Corte di Cassazione non ci sono vincoli temporali per farlo. Quindi, non sussiste il termine dei 10 anni di prescrizione previsto dall’ex articolo 2946 del Codice Civile, con decorrenza dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, quindi dalla data della conferma in ruolo del lavoratore assunto.
La Suprema Corte lo ha detto, con l’Ordinanza 2232/2020 del 30 gennaio scorso, sostenendo che ad essere prevalente è la logica dell’interesse ad agire da parte del lavoratore ricorrente, “in ordine all’azionabilità dei singoli diritti di cui l’anzianità di servizio costituisce il presupposto di fatto”.
La decisione della Cassazione potrebbe ora avere dei riflessi sugli stipendi, perché andando a rivedere l’anzianità di servizio, comprendente gli anni di supplenze precedenti all’immissione in ruolo, ne consegue che il dipendente scolastico potrebbe ritrovarsi in uno “scaglione” superiore.
Dal 1° settembre 2011, le fasce stipendiali sono le seguenti: 0-8 anni, 9-14, 15-20, 21-27, 28-34, 35 e oltre.
Permane, invece, il limite dei cinque anni di prescrizione quinquennale relativa al diritto alla retribuzione, ovvero il quantum della somma dovuta al dipendente: si tratta degli arretrati derivanti dai mancati compensi assegnati.
Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief, d’ora in poi, “con l’ordinanza della Cassazione, tutti coloro che possono vantare periodi di pre-ruolo anche oltre il primo quadriennio previsto sempre dal Testo unico della scuola, hanno ora facoltà di presentare la domanda in qualsiasi momento”, anche “diversi anni dopo il primo quinquennio”.
“Se a questo si aggiunge la recente decisione, sempre della Cassazione, di disapplicare il decreto legislativo 297/94, insieme alle norme contrattuali, poiché in contrasto con la clausola 4 della direttiva UE n. 70/99, la stessa che ha riconosciuto la parità di trattamento economica tra il personale di ruolo e precario, possiamo senza dubbio dire – conclude il sindacalista – che siamo dinanzi ad svolta storica, che può andare ad innalzare lo stipendio di almeno 400 mila docenti e Ata”.
Il riferimento del sindacalista autonomo è alla sentenza 28 novembre 2019, n. 31149, con cui la sezione lavoro della Corte di Cassazione ha preso posizione sulla questione riguardante l’applicazione del principio di non discriminazione tra docenti di ruolo e precari in merito alle disposizioni del d.lvo n. 297/94.
La Cassazione ha confermato che il lavoro svolto a tempo determinato deve essere parificato, in sede di ricostruzione di carriera, a quello a tempo indeterminato in quanto la disparità di trattamento, tra docenti ab origine a tempo indeterminato e docenti immessi in ruolo dopo un servizio di precariato, non può essere giustificata dalla precedente natura non di ruolo del rapporto di impiego, né dalla pretesa novità di ogni singolo contratto rispetto al precedente o dalle modalità di reclutamento del personale nel settore scolastico.
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