L’episodio, riportato dal Corriere della Sera del 7 febbraio 2003, risale al 7 ottobre 1999, scenario una scuola superiore di Milano, l’Istituto tecnico industriale "Giorgi", durante i minuti di ricreazione.
L’insegnante dell’ora precedente è già andata via e gli studenti, nei pochi minuti che l’orario delle lezioni riserva alla ricreazione, si scatenano. In particolare, contro un compagno, 14 anni, matricola di primo anno, costringendolo al muro a subire il "caricone": calci e pugni a volontà. Il ragazzo cade al suolo, perde i sensi, è ricoverato in ospedale.
Le conseguenze si sono rivelate gravissime per la giovane vittima: paraplegia, monoparesi, un anno sulla sedia a rotelle.
Gli studenti, che non si sono resi conto della violenza dell’attacco, sono stati giudicati dal Tribunale dei minori. Chi avrebbe dovuto sorvegliare, evitando che gli studenti si spingessero a tanto?
Adesso arriva l’accusa, da parte della Magistratura, per omissione di vigilanza, all’insegnante dell’ora, al vicepreside e al preside.
Diciamo subito che siamo solidali con lo studente malmenato e con la sua famiglia. Non è concepibile che nella scuola, luogo di cultura e di formazione, possano aver luogo episodi di tale inaudita violenza. Ma a chi attribuire la responsabilità dei fatti?
Lasciamo ai giudici la risposta a questo interrogativo. Vogliamo ricordare ai docenti (e dirigenti) che, per essere sollevati da colpa e responsabilità bisogna che:
– l’insegnante sia in grado di provare di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno;
– dimostri, se era presente, che l’evento non era prevedibile, perché improvviso e di conseguenza non evitabile.
– se era assente, deve provare che l’attività degli alunni non implicava alcun rischio, tenuto conto dell’età e della maturità degli stessi e che comunque l’assenza era giustificata ed era predisposta la sostituzione con altra persona qualificata.
Ricordiamo anche che i minuti di ricreazione, in genere, non costituiscono interruzione dell’attività didattica e l’insegnante è tenuto non solo ad essere presente, ma a porre in atto il complesso di attività volte a realizzare le finalità stabilite dalla legge (Cassazione penale Sez. IV del 23 marzo 1981).
In conclusione: ricreazione sì, ma non per i docenti! Almeno se vogliono assolvere il compito istituzionale che le famiglie e la società a loro delegano, e se desiderano evitare lunghi anni di costosi strascichi e pendenze giudiziarie!
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