Quella di ridurre il numero di bocciati non è solo un’indicazione generica formulata dall’Ocse, sulla scorta di motivazioni pedagogiche ed economiche, peraltro fortemente osteggiate da diversi addetti ai lavori: ora si scopre che in alcuni Paesi l’invito è già stato accolto. Soprattutto perché rappresenta una soluzione di facile applicazione e a costi praticamente nulli (almeno sul breve periodo). Le cronache di questi giorni ci dicono che in Germania, in particolare ad Amburgo, dove l’anno scolastico è già iniziato, i ripetenti diventeranno una rarità.
Oltre a legare la scelta di ridurre drasticamente gli attuali 250 mila studenti l’anno alla necessità di risparmiare esperienze negative a ragazzi che dalla bocciatura quasi sempre non ricavano alcun vantaggio, sembrerebbe che la motivazione principale risieda nell’evitare la spesa di almeno 5.000 euro che lo Stato deve affrontare per ogni alunno respinto. Anche perché se si fosse voluto andare incontro sino in fondo alle esigenze degli studenti, si sarebbe dovuta prima di tutto far “saltare” la norma che a tutt’oggi impedisce ai 13enni con giudizi non esaltanti di iscriversi al liceo e, di conseguenza, all’Università. Un ragazzo, infatti, ha il diritto di cambiare idea, ancora di più quando non ha ancora deciso cosa farà da grande.
C’è poi da vincere lo scetticismo di chi sostiene che abolendo le bocciature d’ora in poi si ridurrà ulteriormente la motivazione allo studio degli studenti tedeschi, già di per sé poco brillante visti gli esiti delle ultime indagini Pisa: la Germania (non un Paese qualsiasi!) si posiziona solo a metà classifica tra tutti i Paesi dell’area Ocse. L’impressione è che a fronte della crisi internazionale che stiamo vivendo, l’Istruzione sia sempre più spesso diventata la vittima sacrificale più gettonata per riuscire comunque a far quadrare i conti pubblici. Senza pensare alle tremende conseguenze che una politica suicida di questo genere potrà avere sul futuro sociale ed economico di quel territorio che l’ha adottata.
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