Sul rientro scuola di oltre due milioni e mezzo di studenti delle superiori, a partire dal 7 gennaio, continuano a giungere prese di posizione del governo e delle istituzioni coinvolte, con continui cambi in corsa. Negli ultimi giorni, il Dpcm dello scorso 3 dicembre, che aveva stabilito il rientro in presenza del 75% degli studenti, è stato infatti modificato, con l’arretramento al 50% imposto dal ministro della Salute Roberto Speranza attraverso la Circolare del 24 dicembre approdata in Gazzetta Ufficiale quattro giorni dopo.
Quella che sembrava un’opportunità – inizialmente si era parlato di un “minimo” di studenti al 50% – si è così trasformato in un diktat: “la percentuale del 50% rappresenta un elemento fisso, nel senso che la ripresa della didattica in presenza non potrà superare tale limite nell’arco temporale definito dalla stessa ordinanza”, ha confermato il 29 dicembre il capo di Gabinetto del ministero dell’Interno, Bruno Frattasi.
Una precisazione che il ministero dell’Istruzione aveva già messo in evidenza, con una Nota del capo dipartimento Marco Bruschi, che parlando di “didattica in presenza al 50 per cento” ha detto che “si tratta di disposizioni non derogabili“.
Una disposizione, quindi, che obbligherà non poche scuole a modificare il piano orario settimanale predisposto prima di Natale sulla base del Dpcm d’inizio dicembre.
A cercare di spiegare i motivi della decisione è stata la ministra dei trasporti Paola De Micheli: parlando su Rai Uno, la ministra ha detto che “tutti i modelli organizzativi” nella scuola e nel trasporto “devono essere pronti perché le scuole secondarie aprano in presenza al 75% dal 7 gennaio”: questo è “l’obiettivo fissato con le ministre Azzolina e Lamorgese”.
Nel frattempo – ha aggiunto De Micheli – “il ministro Speranza ha fatto un’ordinanza di natura sanitaria, che non ha a che vedere con i modelli organizzativi, e ha deciso per ragioni sanitarie che dal 7 al 15 la presenza sarà al 50% e non ancora al 75%”.
“A settembre – ha continuato la ministra – avevamo portato la presenza sui mezzi trasporto all’80% e allora non abbiamo avuto evidenze sanitarie” ma l’affollamento “ha creato allarme sociale e un Governo deve farsi carico di tutto, dell’aspetto sanitario come dell’aspetto sociale e quindi adesso la presenza sui mezzi di trasporto resta al 50% e non si discute più”, ha ribadito la ministra.
Per quello che riguarda i controlli sui mezzi di trasporto, De Micheli ha detto che saranno fatti controlli, ma di questi “non se ne occuperanno le forze dell’ordine”.
Chi continua a caldeggiare il rientro a scuola il 7 gennaio senza particolari problemi è il presidente del Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo: riferendosi al recente studio del Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, ha detto che anche le ricerche confermano che “la scuola non è un ambito a rischio, i rischi di diffusione della pandemia sono assolutamente irrilevanti. Non vedo problemi insormontabili per la riapertura delle scuole”.
“Ci sono sicuramente difficoltà organizzative in alcune zone, come i trasporti e l’impiego del personale in orari eccedenti a quelli previsti, ma sono aspetti che possono essere risolti, e c’è tutta la volontà di risolverli”.
C’è chi però la pensa molto diversamente. Ad iniziare dal leader della Lega, Matteo Salvini, che si dice “enormemente preoccupato per una riapertura della scuola improvvisata e senza che il governo abbia fatto nulla”.
Anche a livello locale c’è preoccupazione: “Invito alla cautela sul tema della riapertura delle scuole per le secondarie superiori”, ha detto l’assessore regionale alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato.
Preoccupazione viva è stata espressa anche dal presidente Anp Antonello Giannelli: intervistato dal Tgcom24, Giannelli ha detto che “la ripresa del 7 gennaio, soprattutto per quanto riguarda le scuole superiori, presenta diverse criticità”.
“Il problema principale – ha aggiunto Giannelli – riguarda la mancata o insufficiente riorganizzazione dei trasporti che sta costringendo i Prefetti a chiedere alle scuole di effettuare dei turni di entrata in orari scaglionati molto impegnativi. In particolare, far uscire da scuola i ragazzi alle 15 o alle 16, soprattutto per studenti pendolari, comporterà un rientro a casa in orari che causeranno difficoltà sia alle famiglie che allo studio domestico”.
Secondo il leader Anp, “anche il personale scolastico potrebbe subire le conseguenze negative di questa turnazione estrema”.
Quindi, per Giannelli servirebbe “un più ampio coinvolgimento dei dirigenti scolastici nelle scelte dei tavoli prefettizi, più gradualità nell’incremento della percentuale di studenti in presenza: solo una settimana al 50% è un tempo troppo limitato che non consentirà alle scuole di riorganizzare, per l’ennesima volta, l’orario”.
Intanto, le grandi città si stanno organizzando. A Milano il 7 gennaio, con la riapertura delle scuole, entro le 8 entreranno in classe il 40% degli studenti ed entro le 9.30 il restante 10%, per consentire poi progressivamente il rientro in classe del 75% degli studenti, suddiviso rispettivamente in 50% e 25%.
La decisione fa parte del patto ‘Milano per la scuola’ che il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, e il prefetto di Milano, Renato Saccone, hanno presentato per permettere la ripartenza delle scuole e impedire il sovraffollamento dei mezzi pubblici. Il patto ha trovato una “piena adesione”, come spiega una nota del Comune di Milano, di tutte le parti sociali, le istituzioni pubbliche, i gestori del trasporto, il commercio, le aziende, gli ordini professionali.
A questo punto, però, considerando le poche certezze degli ultimi giorni, c’è anche chi teme cambi di programma all’ultimo momento.
“Confido che la data di riapertura delle scuole superiori rimanga il 7 gennaio”, ha detto Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna.
Durante la conferenza stampa di fine anno, il governatore ha detto che “l’Emilia-Romagna sarebbe pronta a ripartire col 75% in presenza nelle scuole superiori, ma visto che la stragrande maggioranza ha chiesto di partire con il 50%, abbiamo fatto accordo per partire con il 50% da gennaio. L’Emilia-Romagna metterà in strada oltre 500 mezzi di trasporto in più, ricorrendo anche ai privati”.
Mezzi di trasporto che anche le altre prefetture, in accordo con enti locali e ditte fornitrici, dovrebbero avere provveduto a potenziare.
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