Il numero dei contagi da Covid si continua collocare sulla quota “ibrida” di meno di 30 mila casi con più di 800 decessi al giorno: una quantità sicuramente in calo rispetto a qualche giorno fa, ma che non permette di certo di potere realizzare programmi di ripresa delle normali attività. Anche la scuola rimane nel limbo, tanto da far dividere le forze di maggioranza. Il premier Giuseppe Conte, anche per altri temi, ha cercato di ricomporre le fila convocando i capi delegazione nella metà mattinata di venerdì 27 novembre per poi mantenere in vita un confronto no stop fino a notte.
Durante tutto il periodo solo i ministri Roberto Speranza, Alfonso Bonafede, Dario Franceschini e Teresa Bellanova non si sono mossi dal tavolo: tutti gli altri, Lucia Azzolina compresa, si sono presentati e hanno detto loro nel momento in cui sono stati affrontati i dossier di loro competenza.
E soprattutto sulla scuola le parti si sono confermate divise e distanti; tanto che la riunione-fiume è stato sospesa senza avere preso alcuna decisione.
Con la scuola che ha confermato le divisioni dei giorni scorsi. M5S e Italia Viva si detti ancora convinti di potere fare tornare in classe, pur con flessibilità e gradualità, tutte le classi; mentre PD e LeU hanno continuato a mantenere il loro scetticismo.
Anche i governatori si sono spaccati: quello dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, si è espresso positivamente per il ritorno immediato a scuola.
“Io – ha detto Bonaccini – sarei per riaprire la scuola già in dicembre, ma su questi temi non si possono fare cose diverse uno dall’altro”.
Di diverso avviso si sono infatti detti altri presidenti di Regione:”Dalla Conferenza Stato-Regioni di ieri è emerso l’orientamento di tutte le Regioni a valutare la possibile riapertura delle scuole dopo le vacanze di Natale, a gennaio”, ha detto oggi il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, augurandosi quindi “che si aprano le scuole a gennaio”.
Anche per il presidente del Piemonte, Alberto Cirio, “mandare le superiori a scuola il 9 dicembre per far fare una settimana e poi mandarle di nuovo a casa per le vacanze natalizie la trovo una scelta assolutamente improvvida e assurda”.
Dello stesso avvisto il governatore del Veneto, Luca Zaia: “Riaprire le scuole il 9 dicembre, magari in fretta e furia, è un errore”.
Scuola a parte, un punto che vede tutti d’accordo è quello di non allargare le maglie delle regole per Natale e Capodanno 2020: si svolgeranno in modo “più sobrio”, col divieto di fare riunire troppi parenti attorno ad un tavolo, di non permettere le vacanze fuori regione (nei casi più a rischio anche fuori comune), ma anche semplici apericena o ritrovi al bar.
Il governo non sembra volere cedere più di tanto nemmeno sulle funzioni religiose, per le quali è in corso un confronto con la Cei.
Anche se la prospettiva è quella di andare verso sempre più regioni arancioni e soprattutto gialle, rimane troppo forte il timore, dopo l’esperienza post-estiva, di andare a ricreare le condizioni (con le famiglie allargate riunite nel chiuso delle case per giorni) di una nuova ondata di contagi: sarebbe la terza in meno di nove mesi, e il paese non potrebbe davvero permettersela.
Al presidente del Consiglio spetta ora l’arduo compito di far quadrare il cerchio: l’obiettivo è permettere ai tavoli di lavoro di fare avere ai leader dei partiti di governo le risultanze dei confronti di questi giorni.
La data ultima per farlo è la prima settimana di dicembre. A ridosso di quel 9 dicembre che potrebbe fare rivivere ad oltre tre milioni di studenti – tutti quelli delle superiori, più gli iscritti delle seconde e terze medie – il ritorno alla didattica in presenza.
Una possibilità che non sembra gradita dalla stragrande maggioranza, l’89,5 per cento, degli addetti ai lavori della scuola: partecipando al sondaggio della Tecnica della Scuola, quasi 10 mila su oltre 11 mila, si sono detti contrari all’ipotesi di ritorno alle lezioni in presenza prima di Natale. E in maggioranza sono docenti.
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