Dopo il lockdown del 2020, a inizio pandemia, ci scandalizzavamo al solo pensiero che l’anno scolastico successivo avrebbe potuto essere caratterizzato ancora dalla DaD. A settembre, ci apprestiamo a iniziare il quarto anno scolastico di fila all’insegna della didattica a distanza; e il ricorso alla DaD ci sembra tanto naturale che sulle linee guida dell’Iss non viene neanche esplicitato, ma lo si sottintende.
Sul documento che intende mitigare il contagio da Covid-19 nelle aule scolastiche, infatti, leggiamo che l’ingresso a scuola non è consentito in uno dei seguenti casi:
Se nei casi di sintomatologia acuta è normale che l’alunno rimanga in malattia e a riposo dalle incombenze scolastiche, nel caso del semplice test diagnostico positivo, anche senza una particolare sintomatologia, l’Iss prevede comunque che l’alunno, in quanto contagioso, non si rechi a scuola. In questo caso, sebbene non se ne parli esplicitamente, è naturale che la famiglia chieda di potere usufruire della didattica a distanza, tanto più che il ministero dell’Istruzione continua a spingere sulla formazione docenti relativa alle nuove tecnologie e sulla didattica innovativa. Al riguardo, ad esempio, il ministro Patrizio Bianchi di recente ha dichiarato che già il prossimo autunno i primi percorsi di formazione triennali prenderanno il via, in linea con gli obiettivi del Pnrr.
Peraltro, in fase di rinnovo del contratto, la DaD potrebbe essere estesa ad altre fattispecie e situazioni, non necessariamente legate alla pandemia da Covid-19: è molto probabile, ad esempio, che la DaD si renda necessaria in relazione alla crisi climatica, in contesti di allerta-meteo.
A seguire il riepilogo delle indicazioni dell’Iss.
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