Se da viale Trastevere si guarda alla riapertura delle scuole con cauto ottimismo, non tutti la pensano così: Giuseppe Bertagna, ordinario di Pedagogia presso l’Università di Bergamo, già direttore del Dipartimento di Scienze della persona e del mercato del lavoro, è uno di quei personaggi che non vedono spunti positivi nel ritorno a scuola.
“Sulla scuola? Altro che andrà tutto bene, sarà tutto peggio di prima perché è come essere costretti a correre con i pantaloni abbassati“, da detto l’insegnante a Italia Oggi pochi giorni fa.
La scarsa fiducia e le preoccupazioni in vista della riapertura scuole è dettata da molteplici fattori: “Al peggio non c’è fine – dice Bertagna – Come se nulla fosse accaduto, avremo le stesse strutture ordinamentali, routine didattiche e organizzazione, solo ulteriormente deteriorate, 250 mila supplenti e altrettanti docenti che hanno cambiato sede tra trasferimenti, assegnazioni provvisorie e aspettative senza stipendio per chi, immesso in ruolo al Nord, ritiene per sé più conveniente chiedere di essere nominato supplente annuale senza stipendio estivo in una scuola vicina a casa del Centro -Sud. Per non parlare di circa 300 mila docenti ultra 55enni che temono gli studenti come untori“.
Secondo l’ordinario di Pedagogia, uno dei problemi principali sarebbe quello dei dirigenti ministeriali, “colpevoli” di non fare tesoro di situazioni o errori precedenti per migliorare le cose: “non riesce nemmeno a ricavare da esperienze significative – prosegue Bertagna – pur da lei autorizzate (penso all’alternanza scuola-lavoro, alla importante sperimentazione della secondaria tutta quadriennale, alla diffuse esperienze di superamento del modo di tradizionale di pensare gli organici per classe e sezione invece che per gruppi di studenti) progetti innovativi che si potevano benissimo pianificare in sei mesi di nullafacenza”.
Cosa fare quindi? quali passi si dovrebbero compiere per migliorare la scuola italiana? “Dalla digitalizzazione completa degli ambienti di apprendimento e delle strutture scolastiche di tutto il paese. Non è il caso di ribadire l’importanza di questa azione che, se fosse iniziata nel 2001-2003, quando fu per la prima volta programmaticamente avanzata, oggi avrebbe consentito di affrontare l’emergenza Covid che stiamo vivendo in un modo meno declamatorio e più sostanziale“, conclude Bertagna.
Ad ogni modo, il protocollo del ritorno scuola starebbe funzionando, come ha ricordato la stessa Lucia Azzolina, dopo avere specificato che “la scuola non è un posto fatato, asettico, dove il rischio è zero per questo abbiamo lavorato con l’Iss per avere un protocollo e stabilire cosa si fa se c’è un contagiato in classe”, la titolare del MI ha sottolineato che “il caso di Roma al Marymount dimostra come il protocollo sta funzionando: inizialmente si era parlato di 65 persone che dovevano andare in quarantena, poi si è stabilito che solo 9 andranno in quarantena e seguiranno la didattica a distanza”.
Non si tratta certo del primo affondo negativo che il Ministero dell’Istruzione incassa: se da un alto regna una certa atmosfera di incertezza dovuta al piano della riapertura scuole, legata ad ogni modo all’evoluzione del covid, dall’altro lato vengono più volte segnalate le mancanze di natura organizzativa: vedi il problema delle graduatorie provinciali per le supplenze. Supplenze che sono previste 250 mila per quest’anno. E la stessa ministra Azzolina csostiene a più riprese che “il precariato è un tema storico della scuola italiana”.
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