La riapertura delle scuole è ormai avvenuta ovunque, con qualche banco monoposto sparso qua e là, e… che Dio ce la mandi buona!
Altro che in totale sicurezza.
“La mia scuola ha riaperto i battenti da una settimana e ho già visto cose che voi comuni umani non potreste immaginarvi: autobus, treni e metropolitane, zeppi all’inverosimile, straripare al di là di ogni ragionevolezza, e ho visto frotte di studenti assembrati, privi di mascherine e di autocontrollo, sia prima che dopo il suono della campanella, al di là del cancello della scuola. E ho visto discenti seduti gli uni di fronte agli altri, sui lati corti di decrepiti banchi biposto, in posizione perfettamente ortogonale rispetto alla cattedra e, quindi, all’insegnante, in preda al torcicollo, e ho visto mamme scagliarsi con veemenza contro inermi dirigenti scolastici colpevoli, a loro modo di vedere, di non assicurare ai loro figli le distanze di sicurezza in classe. E ho visto giovani, aitanti e sprezzanti, cazzeggiare, incuranti, durante i cambi d’ora, quando gli insegnanti deambulano lungo i corridoi, la classe è sguarnita e la vigilanza, inevitabilmente, è allentata, e ho visto docenti, personale scolastico e gli stessi studenti approvvigionarsi avidamente, in prossimità di distributori automatici senza il benché minimo rispetto dei protocolli nazionali di sicurezza.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, con italica noncuranza, con l’arrivo tardivo del vaccino e con la lenta fine della pandemia.
È tempo di morire.”
Le premesse ci sono tutte, ma spero che il finale sia diverso. Non spetterà a tutti, indistintamente, questa sorte, ma, con buona probabilità, continuando di questo passo e perpetrando questo andazzo qualcuno, le penne a scuola, ce le lascerà. E non mi riferisco a quelle d’inchiostro dimenticate, sbadatamente, sui banchi o sulle cattedre da tempo immemore.
Tante le cose che ho visto in appena una settimana di riapertura della mia scuola, ma di sicuro non ho visto l’unica cosa che avrei voluto vedere: i tanto declamati, nonché mirabolanti, banchi piroettanti. Quelli li vede solo l’Azzolina, la propugnatrice della didattica innovativa, e pochi altri eletti tra gli umani…
Nella mia scuola (quella dei non eletti), quella che non ha più laboratori ma solo aule raffazzonate, quella che in sei mesi di chiusura forzata non è neppure riuscita ad aggiustare le tapparelle delle aule rotte da anni, se non altro allo scopo di consentire di areare correttamente i locali (altro che lavori di edilizia scolastica leggeri, altro che manutenzioni ordinarie non pretendendo, non sia mai!, quelle straordinarie, altro che abbattimento di tramezze per allargare le aule…) i banchi miracolosi della ministra infaticabile “H 24” arriveranno con imperdonabile ritardo, forse, e sarebbe già tanto, in prossimità delle vacanze, più per beffa, che alla stregua di tardiva strenna natalizia.
E giusto ieri l’OMS, con un commovente video su twitter, magnificava l’Italia e gli italiani per la gestione dell’emergenza definendo impeccabile la condotta del governo. Chissà se hanno pensato anche al mondo della scuola e riflettuto, prima di profondersi in sperticati elogi, sul fatto che i risultati meno lusinghieri degli altri Paesi europei sono da addebitarsi, quasi certamente, alla riapertura anticipata delle scuole in Francia, in Inghilterra, in Germania, in Spagna e in molte altre nazioni dove l’incremento dei contagi da coronavirus sta raggiungendo numeri davvero preoccupanti.
Forse si poteva far rientrare tutti a scuola, ad esclusione degli studenti delle superiori di secondo grado che avrebbero continuato, precauzionalmente e a tempo indeterminato, con una nuova didattica digitale, questa volta ben organizzata e normata a dovere, per consentire ai genitori degli allievi più piccoli di andare serenamente a lavorare. Gli adolescenti sarebbero potuti rimanere a casa anche da soli svolgendo, regolarmente, una decente attività didattica a distanza mentre i loro istituiti si sarebbero potuti destinare, per ampliare gli spazi e aumentare le aule, a quelli che avrebbero beneficiato delle lezioni in presenza. Altro che fare lezione nei cortili, magari in pieno inverno, o nei capannoni mobili a mo’ di circo equestre e perché no? nelle chiese sconsacrate a corto di preti o nei B&B in attesa di clienti, come fantasiosamente, e da più parti, ipotizzato. Siamo seri, almeno una volta. Le lezioni devono essere, essenzialmente, svolte nei luoghi deputati, ovvero nelle scuole, in quanto preposte e ben organizzate all’uopo. Non si è mai visto un chirurgo operare dentro la stanza di un hotel o nella sacrestia di una chiesa, forsanche in cerca di un supporto divino.
Ma ormai la frittata è fatta e se ci saranno delle conseguenze nefaste ne avremo coscienza solo tra qualche mese con la recrudescenza della pandemia, quando il virus tornerà a diventare letale, quando i contagi aumenteranno a dismisura in maniera esponenziale, quando le terapie intensive saranno al collasso e quando il numero dei morti tornerà a crescere fino a sfiorare i livelli tragici già raggiunti ad aprile.
A quel punto qualcuno si chiederà se la scelta di riaprire le scuole, che è di natura politica e mira principalmente a consolidare la macchina del consenso, sia stata ponderata o, al contrario, si sarà rivelata scellerata. Ma sarà troppo tardi per fare sterili recriminazioni perché, verosimilmente, saremo impegnati a piangerne le conseguenze.
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Ivano Marescalco
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