Dotare ogni istituzione scolastica di un infermiere scolastico con un ruolo proattivo rispetto alla salute degli alunni: è la proposta della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) che già sta rimbalzando sui mezzi di informazione come se si trattasse di cosa fatta o addirittura già prevista per il prossimo rientro a scuola.
Per ora, però – è bene ribadirlo – si tratta solo di una proposta della Federazione che parte da un dato: un infermiere di fatto c’è già ed è l’infermiere di famiglia e comunità.
“L’infermiere scolastico – sostiene Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione – sarà presente nei plessi e potrà agire proattivamente e non solo su chiamata per verificare la corretta applicazione delle misure anti-COVID, ma anche la salute e i bisogni assistenziali degli alunni (e del personale docente) non-COVID (in Italia ci sono circa 246mila alunni con disabilità che necessitano di assistenza), allertando e attivando in caso di necessità il medico del dipartimento di prevenzione a cui il plesso scolastico fa riferimento”.
“L’infermiere scolastico – aggiunge Mangiacavalli – promuove la salute: aiuta gli individui ad avere i mezzi e le conoscenze per un maggior controllo sul loro livello di salute. Avere un professionista infermiere a scuola garantisce il rispetto dei diritti di tutela alla salute e diritto allo studio; trasmette una maggiore sicurezza ai genitori che vedono preso in carico globalmente il proprio figlio e si riduce l’assenteismo dovuto alla somministrazione delle terapie”
Senza dimenticare – rileva ancora la Federazione – che essi sono “i principali operatori sanitari per gli studenti che vivono in aree rurali e disagiate a cui manca l’accesso all’assistenza sanitaria e svolgono un ruolo fondamentale nella comunità per identificare bisogni sanitari insoddisfatti e favorire la relazione tra salute e istruzione”.
Tale figura esiste già per legge in Spagna, è diffusa regolarmente negli Stati Uniti ed è comune a molti altri paesi europei
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