Ha parlato anche di problemi che ci saranno, di docenti e personale il premier Giuseppe Conte nel messaggio di presentazione del nuovo anno scolastico, alla vigilia dell’inizio delle lezioni in un alto numero di regioni.
Nell’inviare “un saluto agli insegnanti”, Conte ha speso parole di ringraziamento: “avete fatto uno sforzo straordinario in questi mesi di lockdown continuando a fare lezione con la didattica a distanza, non era affatto facile eppure avete svolto un grandissimo lavoro e per questo vi siamo grati”.
Poi il premier si è rivolto ad amministrativi, tecnici e ausiliari, oltre che ai presidi. “Grazie anche ai dirigenti e tutto il personale della scuola: in questi mesi estivi non vi siete fermati un attimo, avete lavorato tantissimo per essere pronti per la riapertura. Saremo con tutti voi, saremo al vostro fianco e continueremo a esserlo nei prossimi giorni e mesi”, ha concluso il presidente del Consiglio.
Il personale sicuramente avrà apprezzato. Un capo del governo che si rivolge a loro più volte in pochi giorni non è così consueto: Conte lo aveva fatto anche in occasione della conferenza stampa di Palazzo Chigi di mercoledì scorso, quando ha detto che “non lasceremo mai soli i nostri presidi, i nostri docenti”.
E qui sta il punto. Perchè il personale della scuola riprenderà le lezioni tra molte difficoltà. In certi casi (tra ritardi di consegne di banco e altro, più il mancato supporto degli enti locali) non è stato fatto il massimo perchè queste si riducessero di numero.
è stato lasciato a lungo al suo destino. Anche nel periodo primaverile del lockdown, per fare un esempio, vi sono molti insegnanti, ad iniziare dai precari, che si sono dovuti reinventare la professione in splendida solitudine. Diversi istituti, infatti, non hanno fornito loro indicazioni, coordinate pedagogiche, strumentazioni, piattaforme per la didattica in modalità sincrona.
La categoria, inoltre, continua a percepire stipendi che risultano tra i più bassi dell’area Ocse e dello stesso vecchio Continente, almeno tra i Paesi più avanzati.
Le parole di Conte, quindi, diventano importanti, perché vanno a battere su un punto che duole. E creano aspettative.
Per avere un senso e un seguito, quindi, è bene che siano supportate da fatti concreti. Da investimenti per ammodernare le scuole, dove gli insegnanti troppo spesso operano in contesti logori e vetusti; per ridare linfa agli stipendi, a cui lo stesso premier Giuseppe Conte meno di un anno e mezzo fa, con Marco Bussetti (Lega) ministro, aveva dato il là per assumere i precari e portare aumenti a tre cifre. Di quell’accordo si sono perse le tracce: due leggi di Stabilità e altrettanti ministri non sono bastati per vedere assorbite decine di migliaia di precari storici. E nemmeno per vedere approvato lo straccio di un aumento. Nè a tre, né a due cifre.
Ecco perché docenti e personale Ata, che durante la chiusura forzata di tre mesi in percentuale plebiscitaria non si sono sottratti al loro dovere, ora chiedono a Conte di non fermarsi qui. Il tempo delle promesse è scaduto.
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