Con le criticità emerse con la didattica a distanza, perché perdere ancora scuola, col ventilato ritorno addirittura ad ottobre?
È questa la domanda che sta impegnando scuole e famiglie venete, dopo il via libera di Zaia.
Da un lato c’è la richiesta degli esercenti di prolungamento delle vacanze, per recuperare parte delle perdite, assieme alle verifiche legate alle misure di sicurezza nelle scuole, dall’altra la preoccupazione di non penalizzare ulteriormente i bambini e i ragazzi, offrendo a tutti una scuola in presenza, dopo un anno e mezzo di difficoltà.
Rebus non facile, viste le diverse esigenze. In mezzo la questione sanitaria.
“Siamo in grado di vaccinare tutti entro settembre”, ripete il ministro dell’istruzione Bianchi, anche se la vaccinazione non è obbligatoria. Soprattutto se consideriamo che non sono pochi, tra i docenti ed il personale, quelli che si sono avvalsi della libertà di non vaccinazione, pur svolgendo un compito pubblico, cioè di responsabilità verso i propri studenti.
Per cui, a settembre o a ottobre, nelle classi avremo ancora le solite prescrizioni, cioè mascherine e distanziamento, ma le criticità le ritroveremo comunque nei trasporti e negli assembramenti in entrata ed in uscita.
Se in Italia gli studenti e gli operatori sono in tutto tre milioni e mezzo, al ritmo di 500.000 al giorno come predica il generale Figliuolo, per i più ottimisti, basterebbe una settimana per immunizzare tutti, libertà di scelta permettendo. Nè è possibile differenziare, in classe, chi ha il green pass e chi no.
Per cui resteranno le clausole di sicurezza dello scorso anno.
Le scuole più ambite dalle famiglie, poi, stanno, in questi giorni, rifiutando tante domande di iscrizione, per non appesantire il numero di studenti per classe.
“Il Paese non riparte se non c’è senso di responsabilità collettiva, che è il cuore stesso della scuola”, ripete a tutti il ministro Bianchi.
Non resta, dunque, che la strada della persuasione, del convincimento, perché la vaccinazione di più persone possibile, piccoli e grandi, crei le condizioni di prevenzione di una possibile nuova ondata in autunno.
In tutto questo, rimane sullo sfondo la domanda di qualità della formazione, comprese le implicazioni relazionali, che è il primo diritto degli studenti e delle famiglie, oltre che obbligo istituzionale. Dunque, il recupero delle criticità di questo anno e mezzo.
Forse un bell’esame di coscienza non farebbe male a nessuno.
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