Sono giorni molto concitati e che vedono al centro del grande dibattito da una parte l’attesa di disposizioni circa il nuovo Dpcm gennaio, dall’altro, e collegato quest’ultimo, la necessità di conoscere le sorti di insegnanti e studenti. Il 7 gennaio, secondo l’ultima dichiarazione da parte della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, appoggiata dal presidente del consiglio Giuseppe Conte, si tornerà con le lezioni in presenza. La decisione, tuttavia, non ha riscontrato pareri equilibrati: da una parte sindacati e opposizione, dall’altra studenti e insegnanti, in un tira e molla senza vincitori e vinti.
Frutto di questo lungo periodo di lezioni a distanza, i rappresentanti della Rete degli Studenti Medi del Lazio si sono fatti portavoce dell’umore di tutti gli studenti, i quali chiedono una riapertura delle scuole in sicurezza, affermando: “Vorremmo che il dibattito fosse incentrato su come rendere la scuola sicura anziché concentrarsi esclusivamente sul riaprire o meno. Come studenti e studentesse abbiamo il diritto di tornare nelle nostre classi in sicurezza”.
Tra i non sostenitori del ritorno in classe il 7 gennaio ci sono anche diversi esponenti degli insegnanti che tramite documenti e raccolta firme stanno chiedendo un rinvio delle lezioni in presenza. In un documento elaborato da un gruppo di docenti dell’IIS Via Carlo Emery 97 di Roma si legge: “La presenza fisica a scuola, vista l’attuale situazione epidemiologica, di fatto diventa un ostacolo allo svolgimento dell’attività didattica. Già ad ottobre abbiamo constatato che i numerosi casi sospetti e casi accertati o i semplici contatti a rischio, pur contratti fuori dalla scuola, hanno determinato isolamenti e quarantene sia di studenti che di insegnanti. Si è determinata così la situazione paradossale di una scuola che, per voler essere in “presenza”, provocava “assenze”, ripetute e prolungate, a danno della continuità del dialogo didattico ed educativo in tutte le classi”.
Al loro eco si aggiungono anche i docenti delle scuole di Roma Est che in un documento firmato da 550 insegnanti hanno messo in chiaro la loro presa di posizione: “La Scuola non serve ad alimentare puri e semplici processi di “socializzazione”, ma ad attivare processi complessi, educativi e cognitivi, che hanno come parte integrante la trasmissione di conoscenze specifiche di carattere culturale. L’insieme di questi processi è guidato dall’esistenza di contenuti disciplinari di cui i docenti sono mediatori e organizzatori”.
Dal documento si evidenza, tra l’altro, la difficoltà nel riformulare continuamente le strategie d’insegnamento, l’impossibilità di proseguire i percorsi per l’alternanza scuola-lavoro, il rischio che gli apprendimenti vengano compromessi, terminando l’orario di scuola, in alcuni casi, alle 16.
Nel resto d’Italia la situazione rimane frammentata e ogni regione sta deliberando la propria ordinanza.
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