Sconfitto nelle segreterie sindacali, contrastato con manifestazioni di protesta del mondo della scuola e con prese di posizione di politici della stessa maggioranza di Governo, il progetto di autonomia differenziata si sta di fatto affermando nel Paese reale, molto spesso con il favore degli stessi docenti.
Le decisioni delle Regioni contrastanti con le regole nazionali in materia di chiusura e apertura delle scuole riscuotono spesso il favore di molti docenti (un po’ meno – forse – dei genitori); laddove le Regioni si mostrano concordi con le decisioni nazionali sono in tanti a sollecitarne l’intervento.
Insomma, la voglia di “differenziare” nei territori le scelte politiche si sta diffondendo sempre più.
Contro quella che viene considerata una “deriva” interviene nuovamente la Flc-Cgil che già nei giorni scorsi aveva esplicitamente chiesto al Governo di non delegare alle Regioni nessun tipo di decisione in ambito scolastico.
“La confusione – sottolinea adesso il sindacato di Francesco Sinopoli – si sta trasferendo, inevitabilmente, anche nelle aule di tribunale. Il TAR Lombardia e il TAR Emilia con specifici provvedimenti cautelari, hanno annullato le ordinanze di sospensione delle attività didattiche adottate dalle rispettive Regioni. Il TAR Sicilia e il Tar Puglia invece, hanno respinto i ricorsi contro analoghi provvedimenti delle Regioni”.
“La misura è colma – denuncia il sindacato – e il rinvio dell’apertura delle attività didattiche era e deve essere del governo nella sua collegialità senza delegare più nulla alle Regioni a causa dell’incapacità del governo stesso di decidere. Per questo chiediamo a governo e Parlamento di cancellare da subito i poteri inopinatamente attribuiti alle Regioni anche sulla scuola, dal decreto legge 33/20”.
Su quest’ultimo aspetto va tuttavia considerato che il decreto legge in questione era stato a suo tempo regolarmente controfirmato dal presidente Mattarella che, evidentemente, non aveva rilevato nessuna ipotesi di contrasto con le norme costituzionali.
Non solo, ma il decreto è stato anche convertito nella legge 74 del luglio scorso dal Parlamento stesso.
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