Stanno creando qualche polemica diverse disposizioni organizzative contenute nel Piano Scuola varato dal Ministero nello scorso mese di giugno finalizzate a garantire il rientro a scuola.
A non piacere sarebbero soprattutto le modalità organizzative dell’attività didattica previste nel Piano che si richiamano al Regolamento sulla autonomia scolastica del 1999.
“Il Regolamento – si legge nel Piano – conferisce alle istituzioni medesime la possibilità di costruire percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, attraverso la definizione di precisi ambiti di intervento organizzativo. Pertanto in questo contesto resta ferma l’opportunità per le istituzioni scolastiche di avvalersi delle ulteriori forme di flessibilità derivanti dallo strumento dell’Autonomia, sulla base degli spazi a disposizione e delle esigenze delle famiglie e del territorio”.
Non mancano gli esempi, dalla “riconfigurazione del gruppo classe in più gruppi di apprendimento” fino alla “articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso” e alla “frequenza scolastica in turni differenziati, anche variando l’applicazione delle soluzioni in relazione alle fasce di età degli alunni e degli studenti nei diversi gradi scolastici”.
A protestare contro questa impostazione è il Manifesto dei 500 che ha predisposto anche una mozione per i collegi dei docenti che intendono far sentire il proprio dissenso su questo aspetto e, più in generale, sulle modalità con cui sta prendendo avvio l’anno scolastico.
Per la verità, però, va ricordato che alcune disposizioni sulla organizzazione didattica sono contenute in norme antecedenti al Regolamento dell’autonomia.
Ecco cosa prevede, per esempio, l’articolo 2 della legge 517/1977: “Ferma restando l’unità di ciascuna classe, al fine di agevolare l’attuazione del diritto allo studio e la promozione della piena formazione della personalità degli alunni, la programmazione educativa può comprendere attività scolastiche integrative diverse anche allo scopo di realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni”.
Secondo il Manifesto dei 500, il Piano Scuola, inoltre, “abbassa drasticamente la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento, attraverso una ‘diversa modulazione settimanale del tempo scuola, l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari’, aprendo la porta alla rimessa in causa delle discipline stesse”.
Ma, anche in questo caso, varrebbe la pena ricordare cosa prevedeva fin dal 1990, perlomeno per la scuola elementare, l’articolo 5 della legge 148: “6. La pluralità degli interventi è articolata, di norma, per ambiti disciplinari, anche in riferimento allo sviluppo delle più ampie opportunità formative.
7. Il collegio dei docenti, nel quadro della programmazione dell’azione educativa, procede all’aggregazione delle materie per ambiti disciplinari, nonché alla ripartizione del tempo da dedicare all’insegnamento delle diverse discipline del curricolo secondo i criteri definiti dal Ministro della pubblica istruzione”.
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