Molti studenti delle scuole superiori non sembrano gradire il ritorno scuola, perché non vi sarebbe ancora adeguata sicurezza. E perché la didattica con il 50%-75% di iscritti è difficile da portare avanti. Nel Lazio, lunedì 18 gennaio quelli del Lazio hanno scioperato in alto numero. Un raggruppamento ha manifestato davanti al ministero dell’Istruzione.
Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico, si rivolge agli studenti. Soprattutto a quelli che vogliono ancora la didattica a distanza.
“Al momento – ha detto Miozzo all’Ansa – non abbiamo le informazioni, il panorama è abbastanza variabile, alcune regioni hanno preso provvedimenti, altre hanno mantenuto le decisioni dei presidenti, l’importante è che l’analisi dei problemi vada avanti, che non si consideri la didattica a distanza una soluzione”.
“La Dad – ha continuato il numero uno del Cts – è un aiuto, uno strumento ma non è l’alternativa. Capisco da una parte la protesta degli studenti e il loro desiderio di far sentire la propria voce, ma certo in questo periodo questo tipo di aggregazioni non si dovrebbero fare”.
Lo stesso Miozzo poco prima aveva detto: “Siamo in piena pandemia e i numeri del contagio sono molto elevati. Nonostante ciò riteniamo esistano tutte le condizioni che consentono il ritorno in classe nelle zone gialle e arancioni come stabilisce appunto il Dpcm del 14 gennaio”.
Sul rientro a scuola, il pensiero non è uniforme: nella stessa giornata di proteste nel Lazio e davanti al MI, a Milano circa 40 ragazzi hanno infatti occupato il liceo classico Parini per dire no alla didattica a distanza.
“La nostra intenzione è di rimanere qui anche la notte – ha detto Elia Fabiani, studente che fa parte del collettivo – e nei prossimi giorni per organizzare delle lezioni di approfondimento e dei laboratori. Molti genitori sono dalla nostra parte”.
Nell’istituto occupato c’è anche il dirigente scolastico Massimo Nunzio Barrella che, scrive l’Ansa, ha deciso di rimanere nell’istituto per tutelare la sicurezza dei ragazzi. “In queste settimane per loro c’è un problema di natura psicologica ancora prima che di didattica, c’è un’esasperazione che i ragazzi hanno raggiunto per mancanza di relazioni – ha spiegato -. C’era stata l’illusione del rientro l’ 11 gennaio, noi eravamo pronti ma non siamo rientrati e questo ha gettato tutti nello sconforto. Io sono il primo che vorrei rientrare a scuola con i ragazzi ma ci sono decisioni politiche da rispettare”. Il preside come metodo non è favorevole all’occupazione: “Non posso dire di essere solidale con questo, li inviterò a una certa ora a tornare a casa e se non lo faranno dovrò avvertite le autorità”.
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