Le indicazioni del Comitato tecnico scientifico sul rientro in classe a settembre lasciano troppe responsabilità in capo ai presidi e soprattutto risultano impraticabili: a sostenerlo sono i dirigenti scolastici, che temono di essere lasciati soli a gestire una situazione complessa e insita di rischi.
Giannelli: gli esperti “non danno soluzioni”
Non le manda a dire Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, secondo il quale il documento inviato dal Comitato tecnico scientifico al dicastero dell’Istruzione “non offre soluzioni, compie riflessioni anche utili”, ma ne rimanda l’attuazione “ai dirigenti scolastici: dobbiamo valutare bene lo studio del Cts ma non vorrei che fare il preside diventasse una sorta di mission impossible“.
Parlando con l’agenzia Ansa, il sindacalista dei presidi sostiene che con il documento gli esperti chiedono “di far quadrare un cerchio che nessuno riesce a far quadrare ma non danno soluzioni”.
Nei grandi centri servono spazi e docenti
Secondo Giannelli, “le realtà in Italia sono molto diversificate: mentre nelle grandi città è forte l’affollamento nelle scuole, nei piccoli centri le scuole sono spesso vuote, in cui si poteva tornare anche ora in classe”.
Secondo il leader dell’Anp, nelle grandi città i dirigenti scolastici avrebbero bisogno di poter disporre di molte aule, di superfici, di altri docenti per poter costituire un numero maggiore di classi: “ma se organici e le classi sono quelle che sono, gli edifici sono vecchi, molto poco flessibili e a volte non a norma, come fa un dirigente scolastico?”.
Giannelli sostiene che “all’estero è diverso, ci sono molti spazi. La realtà è che in Italia da decenni non si investe nell’edilizia scolastica, non si costruiscono nuove scuole e non si riesce in tempo reale ad adeguare le scuole ai flussi di studenti”.
Basta ricordare che secondo un recente studio nazionale, solo per mettere a norma il patrimonio edilizio scolastico esistente in Italia servirebbero 200 miliardi.
La pandemia ha reso evidenti i problemi
Poche ore dopo, dal sito internet, il sindacato Anp torna a “denunciare l’impossibilità per i dirigenti scolastici di gestire in sicurezza la riapertura delle scuole senza che siano prima attuati degli adeguati (e permanenti) interventi di sistema”.
“Sl di là di singoli aspetti critici – le pressoché inapplicabili disposizioni sul distanziamento nei momenti ricreativi, la forte interferenza con la didattica del pasto consumato in aula e altro ancora – è necessario che l’Amministrazione centrale risolva con urgenza alcuni annosi problemi, resi più evidenti dallo stress-test causato dalla pandemia”.
Bisogna sapere cosa fare
A fronte di ciò, avverte l’Anp, non è possibile impartire indicazioni generiche, che poi ognuno applicherà come meglio crede.
Per il primo sindacato dei presidi “deve essere tempestivamente formulato un protocollo di sicurezza che delinei con precisione le misure da adottare, in modo da limitare il margine valutativo delle singole realtà scolastiche e garantire al massimo l’incolumità di tutti; va sostenuta l’autonomia delle singole scuole attraverso un cospicuo adeguamento delle risorse economiche (apprezzabili ma non sufficienti quelle previste dall’articolo 231 del DL 34/2020) e soprattutto di quelle umane, con una tempestiva attuazione di quanto disposto dall’articolo 232 dello stesso DL 34 in materia di edilizia scolastica nonché una profonda rimodulazione dei quadri orari”.
Anp chiede di “sburocratizzare e snellire l’azione dei dirigenti scolastici, eliminando qualsiasi sovrapposizione di competenza con gli organi collegiali in materia di gestione delle risorse umane, economiche e strumentali; assicurare l’assunzione a settembre dei Dsga vincitori di concorso; e da ultimo rivedere la responsabilità penale datoriale in materia infortunistica, come da noi più volte richiesto, per renderla equa e sostenibile”.