Il Governo starebbe seriamente pensando ad un finanziamento di 8-10 miliardi di euro per dare sostegno, forse già a fine giugno, a settori come scuola, enti locali, piccole e medie imprese, ma anche il settore automobilistico e il turismo.
Si tratta dei settori più in difficoltà. E c’è anche la scuola, per la quale si continua a ricevere le indicazioni di esperti e task force senza però giungere a disposizioni certe. Perché, ha ricordato solo ieri il professor Patrizio Bianchi, presidente del pool di 18 esperti incaricati di studiare il rientro in classe, decide “chi è stato eletto, io sono qui solo per una competenza tecnica di supporto di chi ha responsabilità: il governo e il Parlamento. Le linee guida le farà il ministro”.
Ma per realizzare le linee guida occorrono fondi. E anche tanti: a occhio e croce, almeno la metà dei 10 che si vorrebbero stanziare. I quali si aggiungerebbero al miliardo e mezzo scarso già messo in campo (anche se per la ministra Azzolina sono quasi il triplo).
Un esempio per tutti: a chi si affideranno gli alunni in eccesso nelle classi costrette a mantenere il distanziamento? A dei docenti, naturalmente. E siccome non potrebbero bastare, è naturale che bisognerà cercarne dei nuovi. Per non parlare dei fondi per ristrutturare i nuovi spazi didattici.
Ecco, allora che l’Esecutivo vuole andare incontro alla richiesta della ministra dell’Istruzione, la quale ha estremo bisogno di fondi per organizzare il rientro in classe in sicurezza.
“Servono subito altre risorse – ha ammesso la viceministra all’Economia Laura Castellli – prima della manovra, per concludere gli interventi legati all’emergenza”.
“È necessario dare altre risposte”, ha detto anche Fabio Melilli (Pd).
Mentre frena Italia viva, con Luigi Marattin che chiede una programmazione dell’ulteriore deficit per non andare avanti di scostamento in scostamento, da qui a fine anno. E nella maggioranza già si discute di questa eventualità.
“Dobbiamo essere pronti a intervenire”, ha ammesso il premier Giuseppe Conte. Il quale però avrebbe anche detto che bisogna prima vedere l’impatto delle misure già adottate e comunque bisogna “fare di tutto” nei limiti del bilancio.
Il problema, comunque, è notevole: secondo alcune fonti di maggioranza serviranno ben più di dieci miliardi, entro luglio o forse già a fine giugno. Bisogna però discuterne con l’Ue e reperire le risorse necessarie sul mercato. Di qui anche la prudenza di Gualtieri.
Più di qualcuno in Parlamento guarda con interesse, intanto, al piano del manager Vittorio Colao , con il quale sono stati individuati sei macro-settori e i sei corrispondenti obiettivi che il piano per la fase 3 della task force ha individuato per il rilancio dell’Italia.
Nel volume che il “comitato di esperti in materia economica e sociale” ha definito come “Iniziative per il rilancio 2020-2022”, si spiega l’Istruzione, la Ricerca e le Competenze, fattori chiave per lo sviluppo. Solo che per finanziarle propone il ricorso ai privati: una richiesta che cozza con chi intende mantenere l’autonomia dei settori dediti alla formazione e alla ricerca pubblica.
Di sicuro, i tempi della politica non coincidono con le esigenze della scuola. Alla quale i finanziamenti servono ora. Perché per ristrutturare gli spazi (e fare le gare di appalto) non bastano pochi giorni.
Intanto, le province sorridono: il presidente di Upi Michele de Pascale e la vicepresidente Silvia Chiassai Martini, al termine della riunione della Cabina di Regia per l’edilizia scolastica, hanno parlato di “segnali positivi per la riapertura delle scuole a settembre: abbiamo avuto oggi la conferma dalla viceministra Anna Ascani che saranno messi a disposizione di Province, Città metropolitane e Comuni 330 milioni destinati agli interventi per assicurare la riapertura di tutte le scuole a settembre, e che saranno assegnati in tempi estremamente rapidi”.
“È chiaro – hanno aggiunto – che le risorse rischiano di non essere sufficienti per 40.000 scuole italiane, ma siamo certi che il Governo non farà mancare altri fondi se saranno necessari per garantire che tutti gli edifici rispondano ai criteri di sicurezza necessari”.
“Come Upi – hanno aggiunto – abbiamo chiesto che metà del fondo sia riservato alle scuole secondarie superiori, perché sono quelle che, per dimensioni e anno di costruzione degli edifici, hanno maggiori criticità nella gestione degli spazi, e che le risorse assegnate seguano procedure semplificate che ci permettano di spenderle con la massima velocità. Ora – rilevano ancora de Pascale e Chiassai – dobbiamo definire con urgenza Linee guida chiare e concordate tra tutte le istituzioni in modo che siano calate sulla realtà delle scuole italiane e quindi concretamente attuabili. Le linee guida dovranno specificare nel dettaglio le tipologie di interventi che dovremo mettere in campo con queste risorse”.
Le linee guida, comunque, non riguarderanno solo il versante edilizio: la ministra Lucia Azzolina le ha presentate indicandole come imminenti.
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