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Rientro dall’estero dei “cervelli”: congelati i fondi del programma

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All’art. 5 del D.M. n. 207 del 28 marzo si legge che “per il 2006 le disposizioni di cui a D.M. del 26 gennaio 2001, n. 132 e successive modificazioni, sono differite al 2007 ed in tale anno verranno valutate anche le proposte pervenute entro il 31 marzo 2006”.
Il decreto, è appena il caso di sottolineare, è firmato da Letizia Moratti.
È questo il linguaggio in stile tipicamente burocratico relativo alla decisione di congelare i fondi del programma “Rientro dei cervelli” con cui dal 2001 era stato istituito un apposito fondo per fare rientrare i nostri ricercatori attraverso il finanziamento di appositi progetti, da un minimo di sei mesi ad un massimo di tre anni, per incrementare la ricerca scientifica.
Il linguaggio burocratico può essere decodificato molto più semplicisticamente con l’espressione: sono finiti i soldi per quegli istituti italiani impegnati nello specifico campo della ricerca.
Era dal 2001 che le Università potevano disporre di finanziamenti per fare rientrare ricercatori, italiani e stranieri, che volessero trasferirsi nel nostro Paese, assumendo con contratti a tempo determinato studiosi per svolgere attività didattica in Italia.
Un programma che, nei cinque anni appena trascorsi, era stato utilizzato da 466 ricercatori per lo più in discipline tecnico-scientifiche: fisica, informatica e matematica.
Sono state circa trenta le Università che annualmente hanno potuto far rientrare in media una cinquantina di ricercatori e di professori. Oggi questa possibilità è stata interrotta.
La cosa ovviamente non sorprende chi da anni ha capito che nel nostro Paese non c’è spazio per la ricerca pubblica e ci si è preclusi la possibilità di divenire competitivi nei riguardi degli altri Stati.
Quali le prospettive future? Intanto, il prossimo 18 maggio verranno rinnovate le cariche della Crui, la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, la quale, fra le altre iniziative, dovrà assumere quella di promuovere una riconversione della tendenza in atto sollecitando i nuovi decisori politici ad una maggiore consapevolezza del problema nella sua complessità ed evitare che a tanti ricercatori italiani, che tanti meriti si sono guadagnati, e si guadagnano, all’estero, venga preclusa la possibilità di lavorare in Italia.

Qual è la situazione della ricerca scientifica in Italia? Il recente “Rapporto Pil/Ricerca & Sviluppo”, condotto dalle Società mediterranee e dall’Università di Bari, presenta una situazione a macchia di leopardo: poli di grande eccellenza scientifica fanno il paio con poli scarsamente efficienti, tante volte soltanto dichiarati. Le “isole felici” della ricerca scientifica in Italia sono Pisa, Trieste, Torino e Bologna dove l’impegno economico supera di un terzo la media europea. Al fondo della classifica si collocano le province di Vibo Valentia, di Crotone e di Nuoro.In queste province, d’altra parte non esiste alcun centro di ricerca.