Il primo aprile torno a scuola e mi sento come quella liceale sospesa per disobbedienza che sarà difficilmente reinserita nell’ambiente scolastico. Sono l’alunna solitaria dell’ultimo banco, punita per non avere aderito al coro assordante del pensiero unico, la pedina fissa su una scacchiera mutevole dove le regole del giuoco sono state cambiate più volte. il timore della colpa serpeggia fra le file e la divisione manichea tra buoni e cattivi s’impossessa delle menti.
Rispolverando il mio curriculum per ridarmi un contegno dignitoso, tolto nonostante l’articolo 32 della nostra Costituzione, dichiaro di essere di madrelingua francese, laureata a pieni voti, selezionata come assistente universitaria da Enea Balmas, professore premiato nel 1992 dall’Académie française per la sua opera divulgatrice, vincitrice di tre concorsi ordinari abilitanti e infine autrice di una decina di libri di poesia e narrativa, alcuni tradotti personalmente in francese e di centinaia di lettere pubblicate su giornali provinciali e nazionali.
Posso inoltre aggiungere che nel corso della mia carriera svolta con passione e diligenza, non ho mai avuto un giorno di ritardo, puntuale e precisa per natura e volontà personale anche nella semplice correzione dei compiti assegnati.
Considerata “no vax” malgré moi e quindi “non idonea” all’insegnamento secondo il Ministro Bianchi che ha ribadito che “un rientro in classe potrebbe sembrare diseducativo”, ora dovrò svolgere mansioni diverse da quella prevista dal mio contratto con un monte ore raddoppiato e non a contatto con i miei studenti.
Non essendoci locali sufficienti al mattino per ospitarmi mi si prospettano lunghi pomeriggi in perfetto isolamento. Inoltre sommando il mio ritrovato stipendio con quello delle altre due colleghe che mi sostituiscono, la spesa per il Ministero dell’istruzione s’inasprisce inutilmente. Continuerò, nonostante la fine dello stato di emergenza, a fare tre tamponi alla settimana garantendo comunque la mia incolumità a chi oserà avvicinarmi.
Accettare solo persone vaccinate o guarite dal Covid, escludendo paradossalmente le persone sane dal lavoro è stata la linea dura del governo durante quest’ultimo anno di gestione della pandemia, una linea che ha causato enorme difficoltà di sopravvivenza, isolamento e incomprensioni. Aveva ragione lo scrittore Voltaire nel dire che “è pericoloso avere ragione in questioni su cui le autorità costituite hanno torto”.
Il primo aprile torno al lavoro per necessità economica estrema. Si allontana il ricordo di una scuola che ho conosciuto e amato divertendomi ad insegnare per tanto tempo. A meno di essere riabilitata alla Dreyfus, di tutto questo non esiste più niente, una storia professionale chiusa per sempre sulla data fatidica del 22 dicembre anno 2021, giorno della mia sospensione.
Sul piano personale e privato, tranquillizzo i miei 25 lettori, ho ancora mille risorse da gestire seguendo lo spirito dall’illustre filosofo illuminista sopracitato: “ho deciso di essere felice perché fa bene alla mia salute”.
Giulia Deon
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