La chiusura delle scuole, nonostante gli sforzi encomiabili di tanti prof per portare tutti gli alunni a livelli uniformi di apprendimento con la didattica a distanza, ha causato inevitabilmente delle disparità dentro cui sono caduti gli alunni più deboli, sia dal punto di vista economico che culturale.
Lo sappiamo, l’abbiamo scritto tante volte e ce lo hanno raccontato i docenti che abbiamo intervistato nell’ambito della nostra rubrica “La Tecnica per la scuola”.
Preso atto di questo, LaVoce.ifo, riporta le considerazioni di due esperti che si chiedono come si possa recuperare in futuro quanto perso in questi mesi. Dati gli obiettivi generali – ovvero salvaguardare il diritto a un’istruzione di qualità e il ripristino della socialità dei più giovani, da rendere compatibili con la salvaguardia della salute degli studenti e degli operatori della scuola – è stata costituita una task force presso il ministero dell’Istruzione proprio al fine di progettare, per tempo, le modalità della ripartenza a settembre.
Un possibile suggerimento è quella pratica didattica che consiste nell’impiegare del tempo a riprendere e rafforzare la comprensione di argomenti trattati l’anno precedente, nel conforto dei risultati positivi venuti fuori mettendo in relazione i risultati dei test invalsi con l’intensità con la quale i docenti ripassano gli argomenti trattati l’anno precedente, dopo aver tenuto conto delle caratteristiche della classe e per la possibilità che gli insegnanti adattino in maniera endogena le loro strategie alle caratteristiche degli studenti.
Inoltre, continua Lavoce.info, spesso gli studenti che vivono in una situazione di disagio abitativo, di indisponibilità di strumenti informatici o di limitazione dell’accesso a connessioni internet stabili, in sostanza quelli più penalizzati dalla didattica online, sono tra coloro che ottengono i risultati scolastici peggiori e quindi tra quelli che più di tutti beneficerebbero da questa pratica. Non va trascurato anche il fatto che la strategia non produce effetti negativi sugli studenti nella parte alta dei risultati scolastici: questo significa far avanzare gli studenti più deboli senza però “penalizzare” i più bravi.
I dati suggeriscono che una quota consistente dei docenti, pari a circa i quattro quinti nel complesso degli insegnamenti di italiano e matematica, attua già questa soluzione didattica con una frequenza molto elevata. Inoltre, gli insegnanti italiani già si muovono nel senso di adoperare più frequentemente questa prassi nelle classi con una più alta quota di studenti provenienti da contesti familiari svantaggiati oppure dove è presente una più elevata eterogeneità nelle abilità scolastiche degli studenti.
Tante altre cose saranno presumibilmente necessarie per una buona ripartenza della scuola, ma una cosa ci sembra si possa dire sin da ora: non dimenticare che repetita iuvant.
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