Ieri, 1° febbraio, dopo circa 5 mesi di DAD, sono riprese le lezioni in presenza, sia pur con un numero ridotto di studenti, negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado.
Abbiamo intervistato Tina Dello Russo, studentessa del quinto anno del Liceo Galileo Galilei di Napoli.
Personalmente cercherò di evitare di raggiungere la scuola con i mezzi pubblici, ma qualora dovessi essere obbligata a prenderli, come nel caso di molti miei compagni di classe, non mi sentirei affatto sicura di stare in un mezzo chiuso con molte persone all’interno.
Purtroppo la questione dei mezzi pubblici in Campania è sempre stata un problema, i passeggeri attaccati come sardine e gli autisti che continuano a fermarsi e ad accoglierli; in questo periodo ho evitato e non prendo un mezzo pubblico da più di un anno, non mi sento sicura poiché il distanziamento non è garantito data la mancanza di controlli, bensì dipende dal buon senso delle persone (in cui non ho molta fiducia).Pertanto per i restanti mesi che mancano per concludere l’anno scolastico e fin quando non si sarà calmata quasi del tutto la situazione, eviterò senza alcun ombra di dubbio di usufruire dei trasporti pubblici.
Partendo dal presupposto che la didattica è, secondo vocabolario, il miglioramento dell’efficacia e soprattutto dell’efficienza dell’apprendimento dell’allievo, ritengo che quella a distanza e soprattutto quella mista non si adattino assolutamente al significato sopra indicato. A mio avviso la didattica mista svilisce sia il ruolo dell’insegnante sia quello dello studente. Primo perché sia essa totale o mista, presuppone l’esistenza di strumenti tecnologici che la scuola ad oggi non è ancora in grado di offrire; secondo poi, con particolare riguardo a quella mista, si impone al docente di adottare contemporaneamente due azioni di insegnamento che di fatto sono incompatibili tra loro.
Infatti l’insegnante, nonostante il notevole impegno che profonde non può riuscire a gestire in egual maniera le fasi dell’insegnamento. In realtà, lo studente che sta a casa vive la sensazione di non essere in alcuni momenti parte della lezione e dunque di conseguenza distrarsi facilmente.
Bisogna in ogni caso aggiungere che tutto ciò è arrivato all’improvviso a causa della pandemia e non ha premesso probabilmente a chi di dovere di poter mettere in campo tutti gli strumenti adeguati. Pertanto il mio pensiero, persistendo l’attuale situazione pandemica, è quello di affrontare una didattica o totalmente a distanza (tutti a casa) o viceversa, COVID permettendo, tutti in classe. Ciò consentirebbe al mentore di poter svolgere con equilibrio e con sicura efficacia il suo lavoroe allo studente di poter apprendere in maniere equilibrata e corretta.
Garantire una sicurezza al 100/100 probabilmente è impossibile, abbiamo coscienza delle condizioni in cui versano le strutture scolastiche, allo stesso modo fra studenti non sempre si seguono le regole e le giuste precauzioni come il distanziamento.
Parlando dei bambini, è ancora più irrealistico il concetto di sicurezza , in quanto sappiamo che avendo una minore considerazione del pericolo, spesso è impossibile mantenere il controllo. Per quanto riguarda le risoluzioni del problema , uno dei più validi a mio parere è la DAD , ovvero la didattica a distanza, che nei primi mesi sicuramente non ha dato frutti eccellenti, ma in seguito alle dovute modifiche è riuscita in qualche modo a sostituire la didattica in presenza specialmente nelle scuole secondarie. Sicuramente anche in questo caso bisogna predisporre un piano concreto e forte, affinché gli alunni possano sentirsi in condizione di svolgere le lezioni, ma senza ombra di dubbio la percentuale di sicurezza viene innalzata.
10 Marzo 2020. La scuola italiana, in seguito al decreto governativo per la prevenzione del virus Covid-19, chiude i battenti a tempo indeterminato. Gli studenti e i professori organizzano videoconferenze tramite le piattaforme più svariate per permettere all’istruzione di andare avanti, seppur in maniera affannosa.
È l’inizio della didattica a distanza, la cosiddetta DAD, percepita dagli studenti come un breve espediente per superare un momento difficile ma che diventerà l’unico modo a disposizione dei ragazzi italiani per fare scuola.
I primi tempi sono duri, non ci sono né organizzazione né praticità e gli ultimi mesi dell’anno scolastico 19/20 scorrono via veloci e confusi. I ragazzi del 5° anno sostengono un esame precario e quasi improvvisato, dopodiché l’anno viene archiviato.
L’estate non sembra risentire della pandemia mondiale e arrivati ad Agosto, eccetto lievi ritardi in merito alle date di inizio, gli studenti sembrano pronti per il fatidico rientro tra i banchi.
Il rientro c’è, ma la curva pandemica inizia minacciosamente ad impennarsi, tre settimane bastano per rigettare gli studenti nel baratro della scuola senz’anima. Quella che a marzo sembrava essere un temporaneo ma necessario periodo di attesa e trincea, si trasforma nella triste, monotona e psicotica quotidianità degli studenti italiani. Le soglie di sopportazione si abbassano, la mancanza di contatti e la paura crescono, si dimentica com’era vivere la scuola, l’ansia per un compito in classe o preparare i vestiti prima di andare a dormire, tutto svanito. I ragazzi italiani vedono scivolare via i giorni più belli e spensierati della loro vita, sino ad aver paura di rimettere piede nelle classi, in quelle classi che prima di quel 10 marzo erano le loro seconde case.
Oramai da quel giorno è passato quasi un anno, da studentessa di quinto liceo concludo dicendo che il Covid mi ha tolto più di quello che riuscirò a recuperare in questi mesi. Vorrei tornare a scuola domani, vorrei ricominciare a vivere, vorrei capire se questo gioco, vale la candela, vorrei far capire a tutti che la scuola è vita.
L’andamento scolastico durante la fine dello scorso anno e l’inizio del nuovo anno scolastico è sicuramente opposto. Se nella prima pandemia c’è stato un picco cadente negli studenti per la situazione del tutto nuova ed immediata , durante l’anno scolastico successivo c’è stata una ripresa assoluta. Gli studenti, inizialmente scoraggiati, hanno preso consapevolezza che la didattica a distanza e quindi il nuovo metodo di apprendimento può funzionare e in molti casi funziona.
Contrario è stato l’impatto emotivo. Durante i primi mesi, tutti gli studenti hanno sperato in una veloce ripresa della didattica in presenza , presa coscienza che ciò non sarebbe avvenuto, il lato emotivo ha avuto sicuramente un picco calante, venendo a mancare come prima cosa la speranza e continuando la sicurezza. La situazione emotiva probabilmente continua tutt’oggi non avendo sicurezze ed essendo esposti a situazioni di stallo.
L’istruzione ad oggi è sicuramente efficace, forse da modificare in alcuni contesti, ma sicuramente funzionante.
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