La percentuale di alunni presenza innalzata dal 60% al 70% per le zone gialle ed arancioni è stata voluta dal premier Mario Draghi. E comunque, laddove gli enti locali non riusciranno realizzarla, per via dei contagi ancora troppo alti, hanno sempre la possibilità di ridurla di nuovo. È questo il senso dall’intervento di Mariastella Gelmini, ministro per gli Affari regionali e le autonomie, durante la registrazione di “Iceberg”, in onda stasera su Telelombardia, in risposta alle lamentele delle Regioni per l’innalzamento del tetto concordato nell’incontro dell’altro ieri con i ministri.
Sulla didattica in presenza, ha detto la forzista, “le regioni avevano chiesto di partire dal 60% ed in questo senso avevamo raggiunto un accordo. Il Presidente del Consiglio Draghi ha chiesto di fare uno sforzo ulteriore, ha posto un obiettivo minimo più alto, per cercare di far tutti meglio, ogni giorno”.
Gelmini ha sottolineato, infine, che “nel decreto ci sarà scritto il 70%: ma non metteremo a rischio nessuno”.
“Se non sarà possibile assicurare queste quote Regioni ed enti locali potranno derogare. Stiamo lavorando per trovare la quadra”, ha detto ancora la ministra forzista.
Le Regioni, però, sostengono che stavolta non potranno decidere sulle percentuali di presenza gli alunni in classe.
“Sulla riapertura delle scuole non c’è autonomia, non sono le Regioni a decidere ma i tavoli prefettizi”, ha tenuto a dire il presidente del Veneto Luca Zaia, che ha criticato il decreto: “ora con su scritto 60% era entrato Papa ed è uscito cardinale. Noi la didattica la vorremmo al 100% in presenza ma non ci sono gli autobus”, ha dichiarato Zaia su Rai Radio1 a “In Vivavoce”.
Comunque sia, a livello locale, quindi, si potrà scendere sotto la soglia: al momento, però, la decisione di andare sotto il 70% stabilito a livello centrale per le regioni gialle e arancioni non sembra che possa essere presa direttamente dai singoli istituti scolastici.
La ministra Gelmini ha poi tenuto a chiarire: “c’è una cosa che dobbiamo assolutamente evitare perché non ci sarebbe perdonato: il rischio di riaprire per poi richiudere. È per questo che si procede con riaperture graduali e in sicurezza”.
“Esattamente un anno fa i nostri ragazzi erano tutti a casa con la prospettiva di non rientrare in classe fino a settembre, i negozi erano chiusi, e così anche bar e ristoranti: e avevamo fra i 2 e i 3 mila contagi al giorno. Ieri di nuovi contagi ce ne sono stati quasi 14mila, ma con il 26 aprile la gran parte delle attività saranno riaperte. E i nostri ragazzi sono in larga parte già tornati a scuola. Non mi pare poco”.
Gelmini ha concluso dicendo che “tutto e subito non è sempre la scelta più appropriata quando sono in gioco le vite umane. Ma questo resta il decreto delle riaperture e del ritorno alla vita”.
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