Ridurre il tempo delle lezioni ed aumentare il numero di ore settimanali dei docenti anche col ricorso di quelle aggiuntive: sono due delle diverse indicazioni fornite dal professor Patrizio Bianchi, in audizione in commissione Istruzione alla Camera in qualità di coordinatore del Comitato di esperti voluto dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina con il compito di presentare proposte per il rientro in classe a settembre.
Nell’illustrare le linee elaborate dal gruppo di 18 esperti da lui presieduto, Bianchi ha elencato tutte le possibili strade che si potrebbero percorrere. Partendo da un concetto generale: quella della scuola intesa come “microcomunità”, la quale nel 2020, nell’anno del Covid-19, “ha sempre meno senso”.
L’accademico ha detto che vanno riorganizzate le attività didattiche prevedendo anche di svolgerle negli spazi esterni alla scuola come parchi, strutture sportive o spazi culturali; ridurre il numero di alunni per classe; stringere alleanze con le comunità culturali e quelle educative di ogni città con il supporto dei sindaci.
Il docente universitario ha quindi indicato di prevedere misure per il sostegno agli studenti con disabilità e il reclutamento di assistenti sociali, psicologici e sociologici. Bianchi ha spronato a usare “la tragedia della pandemia” per innovare: “se non si semplifica – ha detto – a settembre non si può riaprire: non si possono fare gare pure per importi bassi”
L’esperto ha anche detto che bisogna prevedere la rimodulazione del tempo delle lezioni – intendendo l’orario annuale e anche la durata delle lezioni – in modo da offrire “le attività in presenza per il maggior numero di allievi ed un ricorso selezionato e consapevole a modalità blended”. Anche se limitata, quindi, la didattica a distanza non dovrebbe finire qui.
La ridefinizione della classe in base agli spazi disponibili e al distanziamento previsto dovrà essere anche una spinta verso l’innovazione della didattica, prevedendo anche, ha detto ancora Bianchi, un maggiore impegno didattico dei docenti anche col ricorso alle ore aggiuntive.
Il professor Bianchi ha quindi parlato di attivazione di gruppi di auto-aiuto tra studenti con individuazione di tutor fra pari; riprogettazione dei percorsi per le competenze trasversali; rivisitazione dei nuclei essenziali delle discipline.
Nelle linee di indirizzo tracciate dai 18 esperti, dunque, vi sarebbe anche la possibilità di ridurre le ore di lezione: fino a 40 minuti, se il Collegio dei docenti lo ritiene opportuno. E su questo punto potrebbe esservi la risposta al problema dei docenti che mancano o quello dei costi da sostenere per pagare le ore aggiuntive citate dallo stesso professor Bianchi: ridurre l’unità oraria di lezioni comporterebbe, infatti, l’aumento di unità orarie (appunto ridotte anche di 20 minuti) da parte dei docenti.
In questo modo, se ogni ora il docente dovrà “rendere” alla scuola 20 minuti a lezione, ne consegue che ogni settimana l’insegnante della secondaria potrebbe arrivare a svolgere 24 unità orarie (anziché le canoniche 18). Per analogia, alla primaria i maestri potrebbero svolgere quasi 30 ore settimanali.
Incrementando le lezioni potenziali, gli stessi docenti potrebbero così andare a fare didattica anche per quei gruppi di alunni eccedenti nelle varie classi, per via del distanziamento sociale. Gruppi di alunni, praticamente classi aggiuntive, per quali il Governo non sembra intenzionato ad integrare gli organici.
È chiaro, però, che un modello del genere comporterebbe anche una riduzione di tempo scuola. E nemmeno di poco: in una scuola dove si svolgono sei ore al giorno, infatti, se ne farebbero quattro. Quindi, gli alunni uscirebbero alle 12 anziché alle 14.
Si tratta di un compromesso che se da un lato riuscirebbe a non riproporre la DaD, dall’altro penalizzerebbe non poco l’offerta formativa. Fermo restando che dovranno sempre e comunque essere trovati locali aggiuntivi. Anche all’esterno della scuola: un altro punto che la task force di esperti reputa non a caso imprescindibile per tornare tutti in classe.
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