I lettori ci scrivono

Riflessione sul nuovo concorso straordinario

Salve, sono un insegnante precario da 13 anni. Lavoro in una scuola primaria del centro Italia e vorrei sostenere il concorso straordinario ma purtroppo mi è precluso, come è precluso a tantissimi docenti di scuola primaria con molti più anni di servizio di me, ma che non dispongono di un anno su cattedra specifica.

La domanda che ci poniamo tutti noi è quale differenza c’è tra noi e un insegnante che ha un anno su cattedra. Siamo sicuri che questo anno faccia la differenza tra noi e loro.

Non dico questo solo perché mi sento escluso da un sistema di selezione di cui non capisco le finalità formative e didattiche, ma vi scrivo anche perché in questo sistema gli insegnanti stessi vengono trattati in modi divisivi.

Divide et impera, diceva qualcuno, per giustificare una situazione di relativa pace. Tutti noi tendiamo a cercare una situazione di vita che ci dia stabilità e che ci rassereni, per poter arrivare a scuola ed insegnare al meglio in un ambiente sempre più problematico. Tutti noi vorremmo essere insegnanti capaci e incisivi in quello che facciamo. Tutti noi però vorremmo le stesse possibilità di carriera e non un sistema che preclude in base ad un concetto di maggiore o minore sofferenza lavorativa.

Mio zio diceva: “Maggiore è la sofferenza, più grande sarà la gioia”. Forse è questo la filosofia di fondo che anima questi concorsi e le nostre carriere scolastiche.

Jacopo Massacesi

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