I lettori ci scrivono

Riflessioni di un insegnante a proposito di valutazione al tempo del coronavirus

Vivo e insegno in Lombardia dove, a causa della situazione di emergenza che stiamo vivendo ormai da circa un mese, quasi tutte le scuole si sono attrezzate per fornire ai propri studenti un servizio efficiente ed efficace di didattica a distanza che si è concretizzato principalmente nello svolgimento di videolezioni interattive online.

A parte le ovvie difficoltà iniziali, tecniche e non solo, nel giro di poco tempo la situazione si è stabilizzata e si può affermare che adesso tutto (o quasi) funziona abbastanza bene.

Superata questa prima fase in questi giorni si è parlato molto e si continua a parlare di come debbano organizzarsi le scuole per quanto riguarda il problema della valutazione in questo nuovo ambiente di apprendimento.

 

Ho sentito parlare spesso di interrogazioni online, di verifiche e addirittura di simulazioni di prove d’esame utilizzando gli stessi criteri e le stesse modalità che normalmente si usano in presenza.

Io penso che prendere i criteri di misurazione delle verifiche (scritte e orali) che normalmente vengono utilizzate in un ambiente di apprendimento tradizionale (presenza fisica, F2F) e trasferirli tout court in un ambiente di apprendimento virtuale (CMC – computer mediated communication)) sia inefficace e fuorviante perché verrebbero a mancare i principi base su cui si basa la misurazione tradizionale. La presenza fisica permette l’attivazione di procedure di oggettività, originalità e individualità della performance altrimenti inapplicabili in un contesto virtuale. In buona sostanza: nell’impossibilità di garantire la genuinità di qualsiasi prestazione finalizzata ad una sua misurazione, quest’ultima perderebbe qualsiasi valore scientifico.

 

Bisogna quindi necessariamente ripensare criteri e modalità sulla base non solo di un diverso ambiente di apprendimento ma anche di una situazione socio-culturale-economica e soprattutto psicologica completamente nuova, una situazione in cui la quarantena rappresenta al momento l’unico antidoto al disastro globale con tutte le conseguenze che questo comporta. Allora una rilettura di ciò che stiamo facendo e vivendo in questo periodo, in chiave costruttiva può servire per dare veramente valore allo sforzo e all’impegno che sia noi docenti che i nostri studenti stiamo mettendo in campo giorno dopo giorno.

 

In queste settimane nel corso delle mie lezioni online ho potuto notare da parte della maggioranza degli alunni (in molti casi della totalità) una partecipazione, un interesse, una motivazione e un senso di responsabilità che non sempre si manifestavano durante le lezioni in presenza. Sarà la percezione della drammaticità del momento, ma noto nei ragazzi una maturità e uno spirito di collaborazione che non era così scontato che ci fosse. E allora quale migliore occasione per veramente valorizzare ciò che viene fuori durante le spiegazioni, le esercitazioni, le correzioni, le discussioni in modo spontaneo e non perché richiesto e finalizzato unicamente al voto?

In questa situazione, una “rilevazione e registrazione puntuale ma informale” di tutti gli elementi a cui dare valore che emergono durante le varie attività didattiche, che rispondano, se vogliamo, ad una serie di descrittori ma non necessariamente associati ad un valore numerico, non rappresenterebbe forse un criterio oggettivamente e scientificamente più valido della classica verifica scritta o orale che sia?

Partecipazione, interesse, impegno, senso di responsabilità, interventi, correttezza, originalità, proprietà di linguaggio, creatività, capacità di analisi e di sintesi, problematizzazione, formulazione di ipotesi e soluzioni, rielaborazione personale, capacità critica, capacità di esporre e sostenere opinioni personali, sviluppo di un metodo di studio efficace e personale sono solo alcuni dei descrittori che normalmente stanno alla base della didattica (e della valutazione) per competenze. Sono descrittori che, se rilevati con costanza durante le normali attività didattiche, possono fornire un quadro veramente chiaro e completo delle abilità e delle competenze dei nostri alunni; un quadro molto più realistico di quanto non lo possano fornire delle verifiche tradizionali sui cui rendimenti (oltre ad essere alterati dal canale di comunicazione) possono influire fattori emotivi ed ambientali che spesso finiscono per falsarne il risultato.

E allora, data la situazione, non è il caso di uscire dagli schemi rigidi dei numeri e dei decimali, di smettere di usare il misurino e cercare di valutare le abilità e le competenze che questi ragazzi stanno mettendo in gioco in questo momento così drammatico?

 

Per concludere: tradizionalmente la verifica è una successione ordinata e documentata di controlli, cioè un’operazione analitica che permette di individuare i dati da raccogliere, leggerli e registrarli.

Al contrario la valutazione, che generalmente avviene in un momento successivo, è la formulazione di un giudizio di valore complessivo, cioè un’operazione sintetica che fa riferimento ad una molteplicità di elementi desunti da una serie composita di verifiche.

L’eccezionalità della situazione attuale e l’associazione dei concetti di valutazione e valorizzazione non può che portare alla conclusione che è necessario riconsiderare il concetto di verifica che rimane comunque una “successione ordinata e documentata di controlli … un’operazione analitica che permette di individuare i dati da raccogliere, leggerli e registrarli” ma, e qui sta la differenza fondamentale, i dati da leggere e analizzare vanno colti in una situazione di spontaneità, di interazione, di dialogo educativo di tipo costruttivista, nel quale sia possibile individuare il contributo dello studente nella sua “costruzione”, e non in “momenti formali di verifica” che nelle attuali condizioni nella maggior parte dei casi non rappresenterebbe altro che una sterile serie di numeri e di punteggi decontestualizzati, non oggettivi e non rappresentativi della realtà.

Rosario Nigliazzo

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