Gentile Dirigente, so che non sempre legge le numerose mail che riceve, ma spero che questa mia riflessione possa comunque arrivarle.
In questo periodo di emergenza e di precarietà i nostri punti di riferimento vacillano, come docenti viviamo alla giornata e ci muoviamo disordinatamente cercando di tamponare le falle di una perduta normalità utilizzando canali informatici che servono, più che a condividere strategie di lavoro, a rassicurarci e a sentirci più vicini. Lo capisco.
Dall’altra parte ci sono i nostri studenti, altrettanto confusi, che non sanno come proseguirà l’anno scolastico e si attivano con impegno nelle diverse piattaforme che noi docenti proponiamo. Sono giovani che cercano una direttiva e la nostra incertezza non può tradursi in una vacanza educativa.
Il periodo di fermo della didattica in presenza si sta protraendo, la scadenza del 3 aprile si avvicina, ma già non viene vissuta come tale. Per questo abbiamo bisogno di fermarci, di organizzarci, di smetterla di correre all’impazzata verso una meta che ormai non può essere più la stessa. Dobbiamo arrenderci all’evidenza che il nostro progetto educativo deve essere riformulato o comunque modificato. Abbiamo bisogno di confrontarci sugli obiettivi, sulle metodologie, sull’organizzazione del tempo scuola per ricostruire una base comune di strategie che ci consenta di trasmettere ai nostri studenti la fiducia su un progetto formativo in cui abbiamo sempre creduto e crediamo ancora. Non possiamo lasciarci travolgere dalla precarietà, ma insegnare loro che la precarietà fa parte della vita e anche in situazioni di emergenza, è importante che ognuno faccia riferimento ai propri comportamenti di ruolo che sostengono la nostra struttura sociale.
Questo possiamo farlo solo recuperando la collegialità, cercando all’interno dei Cdc percorsi comuni da condividere con gli studenti.
Emerge la necessità di ricostruire itinerari praticabili e garantire una didattica che possa eliminare la sensazione di un ritorno a principi pedagogici ormai superati che vedono gli studenti come “vasi da riempire”. Non possiamo fare finta che tutto sia come prima quando nel corso delle video lezioni ci troviamo a gestire e incanalare le loro paure.
Oggi più che mai la funzione educativa deve emergere come risposta alle esigenze affettive più che esclusivamente formative, perché non può sfuggirci che la domanda più frequente degli studenti “prof come andrà a finire ?” includa un significato più profondo della semplice incertezza sulla conclusione dell’anno scolastico.
Elisabetta Palmas
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