È ormai conclamato che gli alunni non conoscono più la grafia in corsivo e quando scrivono lo fanno solo in stampatello.
Infatti, quando scrivono in corsivo la loro grafia diventa pressoché indecifrabile, indefinibile, priva degli spazi: anzi le parole vengono scritte tutte unite, prive di punteggiatura, di maiuscole, minuscole.
Insomma la scrittura dei nostri alunni è soltanto un guazzabuglio grafico, perché non sono più abituati fin dalle scuole primarie a confrontarsi con un testo scritto, non si esercitano più nella scrittura corretta e, quindi, arrivano alle scuole superiori, dopo i tre anni della scuola media, che non sanno scrivere in corsivo e la loro produzione è soltanto in carattere stampatello. Inoltre non sanno più impugnare bene la penna, quasi sembra che, invece della penna, i nostri alunni impugnino una “zappa”, facciano un lavoro pesante quando devono scrivere, una fatica enorme!
Certamente l’uso quotidiano della tastiera del PC o dello smartphone ha provocato una regressione o meglio un utilizzo distorto della grafia. È vero che la tastiera offre un modo più rapido, istantaneo di scrittura con correzione automatica degli errori, ma è altrettanto vero che la scuola ha il dovere di fare abituare gli alunni all’uso corretto della grafia facendo capire loro la distinzione tra la scrittura corsiva e quella in stampatello. Il testo digitale non deve in alcun modo sostituire la scrittura a mano anzi la deve soltanto accompagnare e i nostri alunni devono essere in grado di saper impugnare bene la penna e di produrre una grafia leggibile, decifrabile con la giusta spaziatura tra le parole.
Questo compito è affidato ovviamente alla scuola primaria, ossia a quel segmento di scuola, che deve essenzialmente lavorare sulla plasticità del cervello degli alunni, in quanto nei primi anni di scuola l’alunno conosce e costruisce la sua identità e nel contempo genera un suo modo personale di scrittura.
Inoltre nella scuola media occorre abituare gli alunni a prendere appunti durante la lezione, a scrivere riflessioni personali sul diario, ad annotare qualsiasi cosa perché questi processi aiutano la mente a ricordare, a fissare i concetti nel tempo.
Scrivere a mano produce sentimenti, emozioni, ricordi, sensazioni che mettono in stretta correlazione cervello e mano, in quanto il pensiero elaborato nella mente corre veloce attraverso l’impugnatura della penna e la mano decodifica il nostro pensiero attraverso la scrittura e ciò favorisce molto la memorizzazione. Invece l’uso della tastiera è tutt’altro che emozionale, è arido, spoglio, distaccato in quanto produce soltanto un qualcosa di istantaneo, di labile, di non sedimentarsi affatto nel tempo e nello spazio.
Fatto sta che esiste una grande disaffezione a potenziare da parte degli alunni l’abilità della scrittura e delle sue diverse forme e questo si ripercuote molto anche sull’uso corretto della lingua italiana. Anche quando due alunni sono seduti sullo stesso banco non dialogano: si scambiano le “emoticon”, perché non sanno più elaborare un pensiero scritto, bensì denotano frammentarietà e povertà culturale.
E di questo passo siamo destinati all’oblio, ad avere alunni senza emozioni e al tramonto inesorabile della scrittura bella, organica, compiuta.
Mario Bocola