Sull’accordo Governo-Sindacati in materia di lavoro pubblico il no è assolutamente trasversale: dopo la nettissima presa di posizione dell’ex ministro Renato Brunetta e le critiche di Giuliano Cazzola (deputato del Pdl con un passato di sindacalista Cgil) arriva oggi anche un intervento pubblico di Alberto Alesina e Andrea Ichino, economisti certamente non ascrivibili all’area del centro-destra.
Ichino ed Alesina puntano il dito senza mezze misure contro una intesa che non solo elimina la misurazione della performance voluta dal ministro Brunetta ma che, soprattutto, prevede di valutare non i singoli lavoratori ma le strutture.
“Si tratta – affermano i due economisti – del solito accordo perverso che ha rovinato il settore pubblico italiano: tante assunzioni, pochi soldi dati a tutti, buoni o cattivi”.
E vanno anche oltre e sostengono che eliminare ogni forma di controllo sulla produttività dei dipendenti pubblici “danneggia i cittadini, soprattutto quelli meno abbienti”.
L’esempio che propongono è chiarissimo: “l’insegnante di inglese che fa male il suo mestiere priva gli studenti poveri di una dote per trovare un buon lavoro: per i ricchi ci sono le vacanze all’estero; il dipendente assenteista dell’Asl non crea problemi a chi si può permettere l’assistenza medica privata”.
Giù nei giorni scorsi Brunetta aveva usato parole chiare: “siamo di fronte a una controriforma, a una restaurazione degli antichi vizi e riti concertativi”.
Ma adesso l’ “attacco” di Ichino e Alesina assume un peso decisamente maggiore proprio perché proviene non da chi è in qualche modo interessato a difendere una propria “creatura” (il decreto 150/09) ma da chi teme le ripercussioni che potranno esserci nell’intera pubblica amministrazione.
In ogni caso è bene che il ministro Patroni Griffi e i sindacati firmatari dell’intesa prestino molta attenzione agli sviluppi della vicenda perché il cammino per trasformare l’accordo in norma è ancora lungo e complesso.
Il Governo, infatti, dovrà presentare un disegno di legge che il Parlamento dovrà approvare.
Per parte sua Brunetta ha già mandato a dire che si opporrà con tutte le sue forze a questo disegno; e siccome le leggi si approvano in Parlamento e non ai tavoli di concertazione, non è affatto detto che l’accordo si trasformi davvero in legge.
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