Sulla questione del voto di comportamento e delle sanzioni disciplinari nei confronti degli studenti si sta assistendo ad un imbarazzante “avanti tutta, ma con molta cautela” da parte del Ministro.
Dopo gli annunci assolutamente perentori di qualche mese fa, adesso il Ministro ha scoperto le carte e parla di un disegno di legge di cui peraltro non si conosce ancora il testo.
Ma facciamo un breve riepilogo della questione.
A giugno esplode il “caso” della scuola di Rovigo, dove alcuni studenti vengono promossi con 9 di condotta nonostante che nel primo quadrimestre fossero stati sospesi per aver commesso atti violenti nei confronti di una docente. Il Ministro invita la scuola rivedere la decisione e il voto di condotta viene abbassato.
Al tempo stesso il Ministro annuncia di avere intenzione di mettere mano a una riforma del regolamento sulla valutazione e delle regole relative alle sanzioni disciplinari nei confronti degli studenti.
A fine giugno esce nel sito nel Ministero un articolato comunicato in cui si danno già soluzioni precise.
Si parla esplicitamente di interventi che “daranno vita ad una revisione normativa che riguarderà il D.P.R 22 giugno 2009 n.122, relativo alla valutazione degli apprendimenti e del comportamento, e del D.P.R 24 giugno 1998 n. 249, che reca lo Statuto delle studentesse e degli studenti”.
Il comunicato entra nei dettagli e mette in evidenza che
– il voto assegnato per la condotta è riferito a tutto l’anno scolastico
nella valutazione dovrà essere dato particolare rilievo a eventuali atti violenti o di aggressione nei confronti degli insegnanti, di tutto il personale scolastico e degli studenti;
– nelle secondarie di I grado si ripristina la valutazione del comportamento, che sarà espressa in decimi e farà media, modificando così la riforma del 2017;
- la valutazione del comportamento inciderà sui crediti per l’ammissione all’Esame di Stato conclusivi della scuola secondaria di secondo grado;
- l’assegnazione del 5 in comportamento, e quindi della conseguente bocciatura, potrà avvenire anche a fronte di comportamenti che costituiscano gravi e reiterate violazioni del Regolamento di Istituto;
- l’assegnazione del 6 per la condotta genererà un debito scolastico (nella scuola secondaria di secondo grado) in materia di Educazione civica, che dovrà essere recuperato a settembre con una verifica avente ad oggetto i valori costituzionali e i valori di cittadinanza
A fine luglio il Ministro ritorna per l’ennesima volta sull’argomento e spiega che a partire dal 2023/2024 cambieranno le regole.
I mezzi di informazione riprendono la notizia dando ormai per certa la “riforma”.
Per parte nostra, in un articolo del 22 luglio scrivevamo
Il fatto è che all’avvio del nuovo anno manca ormai molto poco.
Se le modifiche a cui pensa il Ministro sono quelle annunciate fino a questo momento, non basterà una circolare o un decreto ministeriale, ma sarà indispensabile un provvedimento di legge.
Quindi è necessario pensare ad un decreto legge che dovrà essere approvato dal Governo.
Considerati i tempi tecnici, non c’è davvero da aspettare ancora, perché, per essere efficace con l’avvio delle lezioni a settembre, il decreto dovrà essere adottato al massimo per fine agosto (bisogna calcolare sia i tempi di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ma anche il tempo che servirà al Ministero per predisporre le disposizioni applicative e magari anche per acquisire il parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione).
E senza considerare che – in fase di conversione in legge – il Parlamento potrebbe anche apportare modifiche più o meno significative.
Tenuto poi conto che la macchina amministrativa del Ministero non sempre brilla per celerità, ci sembra che questa sia davvero una bella sfida.
Vedremo se Valditara riuscirà a vincerla.
Adesso possiamo ragionevolmente affermare che la sfida non è stata vinta (ovviamente non ci permettiamo di scrivere che è stata persa, perché in politica vale sempre il principio del “mai dire mai”).
Nella intervista rilasciata qualche giorno fa al Corriere, il Ministro parla esplicitamente di un disegno di legge per intervenire sulla materia.
Quindi rispetto all’ipotesi di un decreto legge si allungano ulteriormente i tempi. Se ci si affiderà ad un disegno di legge, infatti, bisognerà rispettare i meccanismi dell’iter parlamentare che, almeno fino a che non saranno modificati, sono piuttosto rigidi e complessi.
Tanto che – lo diciamo a titolo del tutto esemplificativo – lo stesso ddl sul “made in Italy” che dovrebbe dare il via ai nuovi licei e a cui l’intero Governo tiene in modo particolare non risulta ancora neppure ufficialmente disponibile nel sito del ramo del Parlamento che dovrà occuparsene.