Categorie: Politica scolastica

Riforma della scuola, Furlan (Cisl): senza consenso sociale conflitti inevitabili

L’esperienza passata dimostra che esistono altre vie, più produttive ed efficaci, per riformare la scuola in un clima di consenso sociale e riconosciuto protagonismo professionale.

Lo scrive Annamaria Furlan, segretario generale Cisl su L’Unità, Corriere del Mezzogiorno e La Sicilia, approfondendo le problematiche connesse all’attuazione della riforma della scuola: non è un destino inevitabile quello di riforme che si scontrano col dissenso del mondo della scuola, sostiene la sindacalista. Che poi fa appello al Governo e alle istituzioni per affrontare con lo strumento del dialogo con il sindacato i problemi aperti nella scuola.

 

Di seguito l’intervento della Furlan.

 

Caro Direttore
Anche quest’anno il clima nella scuola italiana rischia di diventare incandescente. Ma è proprio inevitabile che le riforme della scuola in Italia debbano sempre accompagnarsi a tensioni così aspre e a un disagio così diffuso tra chi di scuola e nella scuola vive e lavora, come stiamo constatando anche in questi giorni?

È vero che la storia recente ci richiama esperienze di colore politico diverso, ma tutte ugualmente segnate da forti polemiche e contrasti: dalla riforma dei cicli di Berlinguer nel 2000, a quelle Moratti e ancor più Gelmini – Tremonti nel 2008, all’attuale “Buona Scuola” di Renzi. Ma altre stagioni abbiamo vissuto, in cui riforme importanti presero avvio, si realizzarono e produssero buoni frutti, potendo contare su un ampio consenso sociale e su un attivo protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola.

Fattori che risultarono decisivi, relegando in secondo piano anche le consuete divisioni di una politica sempre incline, purtroppo, a considerare la scuola come terreno di scontro ideologico anziché come fondamentale bene comune. Una scuola che l’intero Paese ha l’interesse, oltre che il dovere, di sostenere e valorizzare come preziosa fabbrica di futuro.

Non serve andare con la memoria a scelte epocali, come l’unificazione della scuola media nei primi anni sessanta, o alle norme che avrebbero condotto l’Italia a occupare, come oggi avviene, il primo posto nelle politiche di accoglienza e integrazione scolastica dei disabili, o a quelle che aprirono a metà degli anni settanta, con gli organi collegiali, le porte della scuola alla società. Un esempio di come si possano realizzare innovazioni profonde in un clima di positivo coinvolgimento del corpo professionale, facendo proprio di questo il motore principale del cambiamento, ce lo offre la riforma dell’allora scuola elementare (oggi primaria), che porta la firma dell’attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

La richiamo perché non si trattava di un cambiamento di poco conto quello richiesto alle nostre maestre e ai nostri maestri, chiamati a rivoluzionare modelli e metodi di lavoro consolidati, col passaggio dalla figura del docente unico a quella del “modulo” gestito da una pluralità di insegnanti. Fu una innovazione radicale, politicamente assai contrastata, che si realizzò sotto la spinta di una categoria che anche attraverso un impegnativo percorso di formazione era stata preparata e motivata a farlo.
Non c’è, dunque, una “innata ritrosia” di chi lavora nella scuola rispetto a proposte di cambiamento. C’è il bisogno di sentirsi coinvolto e partecipe, una esigenza che nasce dalla particolare natura del lavoro svolto: educare e istruire in quella che ci piace definire “comunità educante”.

Recuperare una dimensione di condivisione del progetto, così clamorosamente mancata in questi mesi dopo le attese che questo Governo aveva suscitato al suo esordio, dovrebbe essere la via da intraprendere subito con atti chiari, concreti ed espliciti di coinvolgimento di un corpo professionale cui è sbagliato e controproducente imporre dall’alto i propri disegni. Si aprirà ora una stagione di rinnovi contrattuali: se ne faccia l’occasione per riportare a sedi di confronto e negoziato le materie che toccano direttamente il rapporto di lavoro. Lo si fosse fatto su altri aspetti (premialità, assegnazione di sede ai docenti) avremmo oggi meno tensioni e conflitti nella scuola italiana e migliori chance di buon andamento del servizio.

Si ricostruisca attorno alla scuola un clima di alleanza fra società, politica, istituzioni. Questa è la richiesta della Cisl. Le proposte della Conferenza Stato- Regioni rilanciano un tema che da tempo è all’ordine del giorno: la spesa in istruzione, che questo Governo ha incrementato ma che ci vede ancora in ritardo rispetto alla media europea, non può essere considerata un semplice costo. Ed è un investimento di cui non è la scuola, ma è il Paese ad avere più che mai bisogno. Per questo occorre un grande senso di responsabilità da parte del Governo e delle istituzioni per affrontare con lo strumento del dialogo con il sindacato i problemi aperti nella scuola, nella comune ricerca di un consenso sociale sulla riforma che finora, purtroppo, è mancato.

Annamaria Furlan, Segretaria Generale Cisl

 

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Alessandro Giuliani

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