
Leggo l’articolo pubblicato su La Tecnica della Scuola “ Riforma istruzione tecnica, pubblicato il decreto con le prime misure a partire dall’a.s. 2025/26” riguardo i punti cardine della nuova riforma per gli istituti tecnici e professionali, il cosiddetto “4+2”, e non posso fare a meno di pormi delle domande: questa riforma sarà davvero utile o porterà più problemi di quanti ne voglia risolvere?
Al di là degli slogan ottimistici del tipo “Facciamo di più, formiamo meglio, rafforziamo le competenze”, nella realtà questo si traduce in un percorso scolastico accorciato, nuove richieste agli insegnanti e agli studenti, ma senza un corrispettivo aumento delle risorse a disposizione delle scuole. E questo lascia spazio a più di qualche dubbio sulla sua reale efficacia.
In breve, cosa prevede la riforma?
Il decreto ministeriale n. 269 del 31 dicembre 2024 punta su alcuni obiettivi:
- Rafforzare la formazione tecnico-professionale, avvicinandola maggiormente alle esigenze del mercato del lavoro.
- Adottare nuovi modelli di formazione, con maggiore interdisciplinarità e una didattica per competenze.
- Maggior coinvolgimento delle aziende, con l’intenzione di aumentare le esperienze pratiche degli studenti.
- Riorganizzazione delle ore di lezione, con nuove modalità didattiche.
L’idea, in teoria, potrebbe sembrare interessante. Tuttavia, non si prevede alcun nuovo finanziamento per le scuole, come chiaramente specificato nel decreto: tutto dovrà essere realizzato “senza nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato”.
Ed è qui che iniziano i miei dubbi.
Fare di più… con meno risorse?
Eppure, in molte scuole, mancano persino i cavi elettrici per le esercitazioni di base, la connessione a internet è assente o insufficiente, e i laboratori sono privi di strumenti fondamentali per trasmettere competenze realmente spendibili nel mondo del lavoro.
Come si può pensare di migliorare la formazione tecnica se già oggi mancano risorse essenziali? La riforma sembra chiedere alle scuole di fare miracoli, di modernizzarsi senza ricevere alcun supporto concreto.
È qui che nasce il mio dubbio principale: questa riforma aiuterà davvero gli studenti o finirà per peggiorare la situazione, togliendo ancora più risorse alla scuola pubblica?
Il ruolo delle aziende: un aiuto o un’illusione?
Un altro punto che lascia perplessi è il presunto maggior coinvolgimento delle imprese. Si parla di collaborazione scuola-azienda, ma senza specificare come questo dovrebbe avvenire concretamente.
- Dovrebbero le aziende fornire strumentazioni gratuite alle scuole?
- Dovrebbero accogliere più studenti in stage, senza però avere un ritorno economico?
- O forse si immagina che gli istituti debbano trovare finanziamenti e sponsor privati per colmare la mancanza di risorse pubbliche?
Tutto questo non è chiaro e lascia spazio a molte incertezze. È evidente che nessuna azienda lavora gratis: il loro scopo è vendere attrezzature, non regalarle. Quindi, senza un piano di investimenti, questa “integrazione con il mondo del lavoro” rischia di restare solo un’idea sulla carta.
Più carico sui docenti, ma senza strumenti adeguati
Un altro aspetto da considerare è il ruolo degli insegnanti tecnico-pratici. La riforma sembra chiedere loro di rivedere la didattica, integrare competenze trasversali, progettare attività interdisciplinari, mantenere rapporti con le aziende… il tutto senza risorse aggiuntive né incentivi.
Se già oggi gli insegnanti spesso si trovano a gestire classi numerose, laboratori carenti e strumenti obsoleti, questa ulteriore responsabilità potrebbe tradursi solo in maggiori difficoltà per chi già lavora in condizioni complicate.
Una scuola sempre più penalizzata?
Non voglio cadere in certi ragionamenti estremisti e disfattisti secondo cui “I poteri forti vogliono tenere le persone ignoranti perché è più facile manipolarle”. Tuttavia, mi sembra evidente che negli ultimi anni la scuola pubblica stia subendo un progressivo indebolimento.
Non si tratta solo di questa riforma, ma di un disegno più ampio che sembra voler ridimensionare il ruolo della scuola, riducendo gli investimenti, accorciando i percorsi e lasciando le istituzioni scolastiche sempre più in difficoltà. Sembra quasi che il sistema scolastico venga gradualmente privato delle sue funzioni essenziali, invece di essere rafforzato.
E allora il dubbio rimane: questa riforma porterà davvero un miglioramento oppure sarà un altro duro colpo a una scuola già in difficoltà?
Solo il tempo ci dirà se questi dubbi sono fondati o se, invece, ci sbagliamo.
Non si tratta di opporsi al cambiamento a priori, ma di chiedersi se le condizioni attuali delle scuole permettano davvero di realizzare quanto promesso. Senza un piano di investimenti e un reale supporto alle istituzioni scolastiche, questa riforma rischia di restare solo un’idea ambiziosa, destinata a scontrarsi con la dura realtà.
Fabio Gangemi