Nel tardo pomeriggio del 27 gennaio, si è concluso in Commissione Cultura del Senato il dibattito sui tre schemi di Regolamento del II ciclo di istruzione; tutto è andato secondo le previsioni: i senatori del PD dell’IdV hanno tentato l’impossibile per bloccare l’approvazione dei provvedimenti presentando un parere alternativo a quello della maggioranza; l’Udc, pur con qualche distinguo, si è dichiarata d’accordo con la maggioranza di Governo e così alla fine ha prevalso, come era facilmente prevedibile, la logica dei numeri.
Le condizioni contenute nel parere della maggioranza potrebbero però mettere in difficoltà il Governo e provocare ulteriori ritardi nella stesura definitiva del decreto.
La condizione più rilevante riguarda le modalità di avvio della riforma: la Commissione infatti chiede che per il 2010/2011 il riordino riguardi solo le classi prime.
Per quanto riguarda gli istituti tecnici la Commissione invita tra l’altro il Governo a “riconsiderare, nel contesto del medesimo quadro orario complessivo, la riduzione delle discipline scientifiche e di indirizzo”, mentre a proposito degli istituti professionali viene sottolineata l’opportunità di limitare a non più di due ore la riduzione dell’orario settimanale delle lezioni.
La Commissione auspica anche che si possa “arrivare alle regionalizzazione dell’istruzione professionale per quelle regioni che hanno un sistema avanzato di formazione professionale regionale”
Per tutte e tre le tipologie (licei, tecnici e professionali) la Commissione “sollecita l’introduzione dell’organico funzionale pluriennale a fronte del monte ore annuale flessibile per garantire le aree di indirizzo e la gestione delle supplenze brevi”.
I senatori di maggioranza hanno accolto anche le osservazioni del Consiglio di Stato in merito alle modalità di revisione delle Indicazione nazionali e di riordino delle cattedre: il Governo dovrà ricorrere a veri e propri Regolamenti e non a semplici decreti ministeriali: i tempi, quindi, si allungheranno ulteriormente.
Adesso la parola passa al Consiglio dei Ministri che dovrà approvare definitivamente le tre bozze.
Quindi il passaggio alla Corte dei Conti e, infine, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che, difficilmente, potrà arrivare prima della fine di marzo.
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