Quello esposto dalla Flc-Cgil il 21 luglio è un programma ad ampio raggio: il ‘Cantiere Scuola’ prevede non solo la richiesta di ripristino di stipendi adeguati ad un Paese moderno, visto che dal 2010 ad oggi si sono persi quasi 9mila euro a dipendente e dal momento che ”le retribuzioni sono le più basse di tutti i settori lavorativi”, ma anche quella di elevare l’obbligo di studio a 18 anni e gradualmente arrivare anche all’obbligatorietà della scuola dell’infanzia. Poi c’è la richiesta di garantire il tempo pieno alla scuola primaria, rivedere i cicli scolastici e ripristinare il biennio unitario nella scuola superiore.
C’è poi un punto su cui vale la pena soffermarsi: la Flc-Cgil ha anche detto che è giunta l’ora di ”sperimentare” ore laboratoriali oltre che frontali, tenere aperte le scuole nei pomeriggi per ”favorire l’aggregazione sociale”, purché il personale venga adeguatamente retribuito e le scuole siano attrezzate. Si tratta di una soluzione che si sposerebbe bene con quella prospettata nelle scorse settimane dal sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi: il rappresentante del Governo, di forte impronta ‘renziana’, ha infatti detto che le scuole devono diventare dei punti di aggregazione dei territori. A costo di aprirle fino alle 10 di sera. Quella dei laboratori aperti, quindi, potrebbe essere l’uovo di Colombo: la modalità per attrarre giovani, senza “tediarli” con classiche lezioni. Rimane sempre da capire con quali soldi si finanzierebbe tutti questo. La Flc-Cgil lo sa bene, che senza denari non si fa nessuna “messa”.
Il segretario generale, Mimmo Pantaleo, ha ricordato che siamo “il paese che spende meno in istruzione a livello Ocse e a livello europeo. Questo dato va radicalmente invertito, chiediamo che ci sia almeno un allineamento della spesa italiana alla spesa Ocse: occorre investire 17 miliardi di euro nei prossimi anni, un punto di Pil”.
Pantaleo ha poi aggiunto: ”Tutte le politiche messe in campo sono rivolte più alla compressione dei costi che all’innovamento, vogliamo lanciare noi la sfida del cambiamento, attraverso un’idea complessiva che chiama tutti alla responsabilità”. No dunque a provvedimenti ”unilaterali”, ha concluso il segretario, facendo riferimento alle anticipazioni su decreti di riforma su cui sta lavorando il Governo. Largo, invece, alla ”partecipazione”: ”Il Governo può scegliere se vuole il confronto o il conflitto, l’autunno potrebbe essere caldo. Siamo aperti a entrambi gli esiti, dipende dagli interlocutori”.
Il diktat di Pantaleo è chiaro. Molto meno è capire dove il Governo possa trovare così tanti soldi: 17 miliardi corrispondono a più del doppio di quelli risparmiati con la Legge 133 del 2008, a seguito della quale si tagliarono circa 150mila posti e 4mila istituti sono stati cancellati o hanno perso l’autonomia. Solo che nel frattempo è sopraggiunta la crisi economica, nazionale e internazionale. Che ha obbligato i Governi che si sono succeduti a stringere sempre più la “cinghia”, introducendo la cosiddetta spending review. Per questi motivi ci sembra difficile che si riesca ad invertire questo corso: i più pessimisti pensano che sarebbe già un miracolo che non arrivino altri tagli.