“Berlinguer fu capace di mettere in discussione le certezze anche del proprio mondo, come quando ribadì il valore irrinunciabile dell’idea democratica”.
Lo dicono, in nota congiunta i vicesegretari del Pd Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini e il presidente del partito Matteo Orfini, a 32 anni esatti dalla morte di Enrico Berlinguer.
“La sua figura – scrivono gli esponenti Pd – è diventata l’emblema di una politica al servizio del bene comune, capace di appassionare le persone e di renderle partecipi di un progetto per una società più giusta e più equa. Valori declinati fuori dalla retorica”.
Che poi aggiungono: “Fedeltà ai propri ideali e principi morali sono stati i capisaldi dell’azione politica di Enrico Berlinguer. Se la sua figura resta nella coscienza del Paese, sia in chi ha vissuto il suo tempo stimandolo al di là dell’appartenenza politica, sia per tanti giovani che non l’hanno conosciuto, lo si deve a questa sintesi che Berlinguer ha saputo rappresentare”.
I tre democratici ricordano che quella linea intrapresa, fu confermata “durante gli anni di piombo”, quando il segretario del partico comunista, dal 1972 alla morte, “indicò i pericoli che la democrazia correva se non avesse rinnovato se stessa. Anche la denuncia della “questione morale” voleva essere uno sprone a mettere in discussione ciò che c’era di sbagliato per cercare insieme un cambiamento positivo”.
Inoltre, “comprese i cambiamenti in atto della società italiana e la necessità di portare sempre più persone nell’alveo della democrazia, non rinunciando mai al dialogo e al confronto con gli avversari politici. Intuì l’importanza che la rivoluzione delle donne avrebbe portato nella società e alla politica. Si possono fare molte riflessioni su una personalità che ha influito così tanto nella storia della sinistra italiana, ma nel nostro tempo ci sembra utile ricordarlo con le sue parole: “Io le invettive non le lancio contro nessuno, non mi piace scagliare anatemi, gli anatemi sono espressioni di fanatismo e v’è troppo fanatismo nel mondo”.
“Così, a 32 anni dalla morte, lo vogliamo ricordare facendo tesoro della sua lezione umana e politica, concludono Serracchiani, Guerini e Orfini.
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È difficile essere in disaccordo con quanto espresso dai tre alti rappresentanti Pd: perché la figura, le teorie e il ruolo di Berlinguer sono stati e rimangono di forte esempio e sempre di attualità. Qualche dubbio, invece, perviene quando la democrazia, parola chiave del documento di Serracchiani, Guerini e Orfini, non trova accoglimento nella stesura delle norme prodotte dall’attuale Governo in carica.
Ci riferiamo, in particolare, alla riforma della scuola, osteggiata dalla piazza, dalla gran parte dei docenti, degli studenti e dei cittadini. Prima approvare la Legge 107/2015, sono state prodotte forme di protesta mai riscontrare in passato, con uno sciopero record, nel maggio del 2015, che nemmeno uno dei tre Governi Berlusconi fece registrare.
Il premier Renzi ha ammesso, qualche settimana fa, che qualche dubbio venne anche a lui. Tanto che ha detto: “c’erano tante proteste, non sapevo se continuare“. Ma anziché tornare sui suoi passi, il Governo preferì tirare dritto: a luglio il Parlamento varò la Buona Scuola, una delle leggi probabilmente più autoreferenziali che ha prodotto l’attuale Governo.
Perchè diverse sue parti – dalla chiamata diretta agli ambiti territoriali, dal merito professionale rivolto ad una stretta cerchia di docenti ai dirigenti scolastici oberati di poteri e responsabilità – sono stati imposti contro il volere delle stragrande maggioranza degli insegnanti.
Ora, se è vero che Berlinguer inneggiava al merito, quindi non avrebbe forse mal visto il cosiddetto bonus premiale introdotto proprio con la Legge 107, è anche vero che tutta la sua attività fu incentrata sulla valorizzazione del pensiero dei cittadini nella formazione delle leggi e nell’andamento della politica. Un concetto che si può riassumere in questa sua frase: “se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi, rischia di soffocare in una palude”.
Chissà se Berlinguer, quando parlò dell’esigenza di “portare sempre più persone nell’alveo della democrazia”, si riferisse anche agli atteggiamenti di certi politici. Quelli che, allora come oggi, si definiscono democratici, ma poi vanno per la loro strada.
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